L’abuso del congedo parentale può portare al licenziamento per giusta causa del lavoratore dipendente? Su questo tema si è di legiferato, nel tentativo di chiarire tutte le conseguenze di un comportamento scorretto da parte del dipendente.
Nel caso esaminato dal Tribunale di Torre Annunziata, un dipendente di uno stabilimento balneare è stato licenziato per aver abusato del congedo parentale. Il lavoratore aveva richiesto il congedo previsto dall'art. 32 del D.Lgs. n. 151/2001 per prendersi cura del figlio minore, ma è stato scoperto a lavorare come parcheggiatore durante questo periodo. L'azienda, avvalendosi di un'agenzia investigativa, ha raccolto prove che il dipendente non si occupava del bambino. Questa sentenza conferma un orientamento già consolidato dalla Corte di Cassazione.
Il congedo parentale è un diritto riconosciuto ai genitori lavoratori per consentire loro di occuparsi dei bisogni affettivi e relazionali del bambino nei primi anni di vita. Questo diritto, regolato dall'art. 32 del D.Lgs. n. 151/2001, prevede anche una indennità economica erogata dall'INPS. Tuttavia, l'abuso di tale diritto può comportare conseguenze severe, come il licenziamento per giusta causa.
Nel caso specifico, il lavoratore aveva richiesto giorni di congedo parentale per accudire il figlio, ma è stato scoperto a svolgere un'altra attività lavorativa. L'agenzia investigativa, ingaggiata dal datore di lavoro, ha documentato che il dipendente non si prendeva cura del bambino, ma lavorava come parcheggiatore. Di conseguenza, il datore di lavoro ha ritenuto interrotto il rapporto fiduciario e ha proceduto al licenziamento per giusta causa.
Il lavoratore ha presentato ricorso, ma il Tribunale di Torre Annunziata ha rigettato il ricorso del lavoratore, convalidando il licenziamento. La sentenza ha sottolineato che il congedo parentale è un diritto potestativo che deve essere esercitato in buona fede. L'abuso del congedo, utilizzato per svolgere un secondo lavoro, è stato giudicato contrario ai principi di correttezza e buona fede contrattuale. Questo comportamento ha compromesso il rapporto di fiducia tra dipendente e datore di lavoro, giustificando così il licenziamento per giusta causa.
La giurisprudenza della Cassazione ha più volte ribadito che i datori di lavoro possono utilizzare investigatori esterni per tutelare il patrimonio aziendale e verificare l'uso legittimo del congedo parentale. In particolare, le sentenze nn. 25287/2022 e 15094/2018 stabiliscono che tali controlli devono rispettare la dignità e la libertà del lavoratore, senza sconfinare nella vigilanza diretta dell'attività lavorativa.
Un precedente significativo riguarda il caso del 2008, in cui un dipendente di una spa è stato licenziato per aver utilizzato il congedo parentale per gestire una pizzeria. La Corte d'Appello di Milano aveva annullato il licenziamento, ritenendo che il congedo potesse essere utilizzato per esigenze familiari. Tuttavia, la Cassazione ha cassato questa decisione, stabilendo che il congedo parentale deve essere usato esclusivamente per la cura del bambino. L'uso del congedo per altre attività lavorative costituisce abuso del diritto e giustifica il licenziamento per giusta causa.
La sentenza del Tribunale di Torre Annunziata e i precedenti della Cassazione chiariscono che i datori di lavoro hanno il diritto di controllare che i dipendenti utilizzino il congedo parentale per le finalità previste dalla legge. L'uso del congedo per altre attività lavorative, oltre a violare la buona fede contrattuale, comporta l'indebita percezione dell'indennità economica e lo sviamento delle finalità assistenziali dell'ente previdenziale.
Il datore di lavoro può ricorrere a investigatori privati per verificare l'uso del congedo parentale, purché questi controlli non diventino un monitoraggio diretto dell'attività lavorativa. La Corte di Cassazione ha affermato che il diritto potestativo di congedo parentale non esclude la possibilità di controlli da parte del datore di lavoro per verificare la correttezza del suo esercizio.