E' stato un protagonista del ventesimo secolo e in un suo libro del 1986 parla della degenerazione del rapporto politica-magistratura. Eugenio Scalfari, fondatore del quotidiano La Repubblica, nel volume "La sera andavamo in via Veneto" scrive che "l'autorità politica, dal canto suo, incapace di gestire i poteri suoi propri, non ha trovato altro espediente per sopravvivere che di affiliarsi singoli settori della magistratura e singoli magistrati. L'affiliazione è stata al tempo stesso attiva e passiva: partiti e uomini politici hanno affiliati magistrati e viceversa".
"In questo modo - spiega Scalfari -, la supplenza politica della magistratura, provocata ed evocata dalla delegittimazione dei partiti, ha fatto nascere partiti trasversali ed ha politicizzato e lottizzato oltre ogni sopportabile misura l'ordine giudiziario. L'indipendenza della magistratura – una conquista preziosa dell'Italia repubblicana – è purtroppo stata utilizzata come usbergo, al riparo del quale il potere giudiziario si è sfilacciato in correnti, gruppi di pressione, magistrati più o meno rampanti, procuratori più o meno asserviti a padrini e partiti.
Simmetricamente non c'è stato uomo politico di qualche rilievo che non disponesse di referenti propri nella magistratura penale e in particolare negli uffici della Procura e in quelli d'istruzione. L'azione penale è diventata, per effetto di questi processi inquinanti, sempre più erratica e la tutela del cittadino e della legge sempre più arbitraria". Parola di Eugenio Scalfari. Correva l'anno 1986.