La storia non si fa con i ma e con i se. Ma se Virginia Raggi, all'epoca sindaca di Roma, non si fosse opposta, sostenuta da tutto il Movimento Cinque Stelle al grido "onestà, onestà!", probabilmente, l'edizione dei Giochi Olimpici inaugurati ieri, 26 luglio 2024, a Parigi, si sarebbe svolta nella Città Eterna. Ieri, mentre le delegazioni degli atleti dei vari Paesi in gara sfilavano lungo la Senna, sui social, non sono stati in pochi a ricordarlo. In primis, l'ex premier che lanciò l'idea di Roma città olimpica dopo la mitica edizione del 1960, Matteo Renzi.
Correva il 2016. Presidente del Consiglio era Matteo Renzi, all'epoca leader del Partito Democratico. Roma, grazie all'intuizione del sindaco Ignazio Marino, era tra le città in corsa per l'assegnazione delle Olimpiadi 2024. Anzi: era la grande favorita. Fatto sta che proprio quell'anno, le elezioni comunali della Capitale premiarono il Movimento Cinque Stelle portando in Campidoglio Virginia Raggi. La quale, già in campagna elettorale, chiarì che, per lei, era uno spreco correre per le Olimpiadi. Che Roma aveva bisogno di ben altro. Che bisognava concentrarsi sulla sua quotidianità anziché avventurarsi in progetti ritenuti insostenibili da ogni punto di vista. Progetti che avrebbero favorito solo il malaffare. Al che, naturalmente, le polemiche si sprecarono. Renzi la metteva così:
Come è andata nella Capitale nel quinquennio pentastellato 2016-2021 sia sul fronte delle grandi opere che su quello dei ladri, ormai, è storia.
Ma tant'è: quelli del 2016 erano i tempi gloriosi del Movimento Cinque Stelle. Erano i tempi in cui uno sembrasse valere (o doveva sembrare che valesse) davvero uno. Tant'è che, sempre a proposito di Olimpiadi, l'anno successivo, nel 2017, nel suo libro "Meglio liberi, lettera a mio figlio sul coraggio di cambiare", un big del mondo pentastellato dell'epoca, Alessandro Di Battista, si trovò a raccontare un aneddoto che, otto anni dopo, il giorno dopo la cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi a Parigi, davvero dà la misura delle cose:
Finale della storia: la rinuncia definitiva alla corsa alle Olimpiadi fu presa da Massimo, il meccanico di Dibba, e, citano le cronache dell'epoca, un edicolante, un fruttivendolo e un pensionato: a nome del "popolo" grillino.
Per questo, ieri, Massimo, il meccanico di Di Battista, è tornato alla mente di tanti. Di Luigi Marattin, ad esempio, oggi deputato in quota Italia Viva:
E Matteo Renzi? Poteva mai dimenticarlo?
Come dire: la storia non si fa con i se e con i ma. Qualche volta, però, passa dall'autofficina. Di tanto in tanto, qualche revisione è d'obbligo. Tant'è che è proprio di questi giorni l'idea di Renzi di chiudere col passato, dimenticare ciò che è stato. E allearsi coi Cinque Stelle. Altro giro, altra corsa. Sicuramente altri giochi.