17 Oct, 2024 - 08:28

"Uccise moglie e suocera con un mix di farmaci": l'ex medico della Virtus Giampaolo Amato condannato all'ergastolo. La sentenza di primo grado

"Uccise moglie e suocera con un mix di farmaci": l'ex medico della Virtus Giampaolo Amato condannato all'ergastolo. La sentenza di primo grado

Ergastolo. Questa la pena inflitta dai giudici della Corte d'Assise di Bologna all'ex medico della Virtus Giampaolo Amato, accusato di aver ucciso la moglie Isabella Linsalata, 65 anni, e la suocera Giulia Tateo, 87, con un mix di farmaci. La sentenza è arrivata nella serata di ieri, 16 ottobre 2024, dopo sei ore di camera di consiglio; poco prima l'uomo, 65 anni, si era proclamato di nuovo innocente.

Giampaolo Amato condannato all'ergastolo per l'omicidio aggravato di moglie e suocera: la sentenza di primo grado

Giampaolo Amato era accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai motivi abietti e futili e dall'uso del mezzo venefico, ma anche di peculato: secondo l'accusa, avrebbe rubato i farmaci usati per uccidere le vittime - il Sevoflurano e il Midazolam, un anestetico e una benzodiazepina - da uno degli ospedali Ausl, per cui, all'epoca dei fatti, lavorava.

I suoi legali, gli avvocati Gianluigi Lebro e Cesarina Mitaritonna, ne avevano chiesto l'assoluzione, ipotizzando che la moglie Isabella Linsalata fosse dipendente dai farmaci e che potesse averli somministrati anche alla madre anziana "a scopo consolatorio". La Corte d'Assise ha dato ragione, alla fine, all'accusa, rappresentata dalla procuratrice aggiunta Morena Plazzi e dal sostituto procuratore Domenico Ambrosino.

E ha condannato l'ex medico della Virtus Bologna al massimo della pena: l'ergastolo, con un anno e mezzo di isolamento diurno. Assolvendo, però, dall'accusa di peculato. La sentenza è arrivata poco dopo le 20 di ieri, 16 ottobre 2024. Prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio, Amato, in lacrime, aveva preso la parola, proclamandosi, ancora una volta, innocente.

virgolette
In quest'aula sono stato definito assassino e sono stato anche umiliato. Sono stato accusato di voler denigrare Isabella, ma non lo avrei mai fatto. Sono stato descritto come un mostro, un mentitore seriale, un violento, uno che ha sovrastima di se stesso e un criminale, esattamente il contrario di come sono e di quello che ho dimostrato di essere in tutta la mia vita, con tutti,

le sue parole, riportate dall'Agi. Parole vane. Si aspettano, per maggiori dettagli, le motivazioni.

La ricostruzione della vicenda

Oltre a scontare la sua pena Amato dovrà anche risarcire i familiari delle vittime: la cognata Anna Maria e lo zio della moglie, Nicola Tateo, parti civili, con 750mila e 230mila euro. Ieri, insieme ad altri membri della famiglia e ad alcune amiche di Isabella, entrambi erano in aula.

Non c'erano, invece, i figli Anna Chiara e Nicola, che avrebbero appreso tutto tramite una telefonata. "Non ho mai avuto sospetti razionali su di lui", aveva detto, nel corso della sua testimonianza, la prima. Sostenendo che se davvero, come raccontato anche dalla sua psicologa, la madre avesse avuto dei dubbi sul padre, non avrebbe continuato a vederlo.

Secondo l'accusa, è proprio ciò che fece: pur essendosi resa conto che il marito, probabilmente, la "drogava", non agì per non "rovinare" la sua famiglia. Lei e Amato vivevano separatamente, in due piani diversi di una villetta di Bologna. Secondo la ricostruzione, l'uomo prese di mira prima la suocera, poi lei. Tutto a poche settimane di distanza, nel 2021.

Il motivo? Sentimentale ed economico: per l'accusa l'uomo avrebbe voluto vivere con serenità la relazione extraconiugale che da un po' intratteneva con una donna più giovane di lui (che ha poi troncato la loro storia), ereditando il patrimonio delle donne. Ricostruzione che lui ha sempre smentito. Da quando è stato arrestato, nell'aprile del 2023, ha chiesto più volte di essere scarcerato.

Non gli è mai stato concesso: in occasione dell'ultimo rigetto, lo scorso luglio, i giudici hanno ribadito che è "socialmente pericoloso". Ad incastrarlo, oltre ai dati rilevati da uno smartwatch che indossava il giorno della morte della suocera, anche dei messaggi e l'analisi di una bottiglia di vino che aveva offerto alla moglie (che si era poi sentita male), conservata in futura memoria dalla sorella e risultata colma degli stessi farmaci trovati nel suo corpo dopo la morte.

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Sara D'Aversa
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