Sarà oggetto di verifiche da parte del Ministero dell'Istruzione e del Merito quanto accaduto pochi giorni fa a Senigallia, dove un ragazzo di appena 15 anni, Leonardo C., si è sparato con la pistola sottratta al padre, vigile urbano di professione, dopo essersi allontanato da casa ed essersi diretto nei pressi di un casolare abbandonato: stando a quanto ricostruito finora, da settembre sarebbe stato vittima di atti di bullismo non solo psicologici da parte di alcuni compagni di classe. Atti di bullismo che avrebbero pesato sulla sua scelta di togliersi la vita.
recita una nota diffusa dal ministro Giuseppe Valditara. E prosegue:
Questo il motivo per cui, nelle scorse ore, ha chiesto che venga approfondito quanto accaduto a Senigallia. Decisione presa anche alla luce delle dichiarazioni affidate ai giornali dai genitori del 15enne morto suicida. "I professori non riprendevano in classe questi alunni che offendevano lui o altri, ma talvolta facevano come finta di non accorgersi di nulla", secondo il papà.
A riportarlo è Il Corriere della Sera, a cui l'uomo ha spiegato che gli atti di bullismo nei confronti del figlio non erano solo psicologici, ma anche fisici. Lo aveva detto a Tag24 l'avvocata Pia Perricci, parlando di "strizzate ai capezzoli" e "manate nelle zone intime". Accuse pesanti, quelle rivolte ai compagni di classe di Leonardo, due ragazzi e una ragazza.
Quest'ultima, davanti ai carabinieri, avrebbe negato ogni addebito, sostenendo che a turbare il 15enne, a renderlo "depresso", sia stato "un brutto voto, un 4,5 al compito d'informatica" e che lei e gli altri non c'entrano. La legale dei familiari ha fatto notare, però, che il compito "è stato corretto in classe alla terza ora del 14 ottobre, come riporta il registro elettronico". A quell'ora il 15enne era già morto.
Le verifiche di cui, su richiesta del Ministero, si occuperà l'Ufficio scolastico regionale per le Marche, dovranno chiarire l'eventuale ruolo giocato dalla scuola frequentata dal 15enne nella vicenda. Al momento circolano più versioni: il preside dell'Istituto avrebbe escluso la presenza di una banda di bulli, sostenendo che non gli "risultava una situazione così difficile".
I genitori del ragazzo e i suoi amici dicono che invece, in quella scuola, i bulli ci siano eccome e che "Leo", come lo chiamavano affettuosamente, veniva additato "come femminuccia", insultato anche davanti agli insegnanti, che sarebbero stati quindi a conoscenza del disagio da lui vissuto.
Sembra che a un docente di sostegno il ragazzo avesse confidato addirittura di voler lasciare gli studi. Se è vero, perché nessuno ha fatto niente? Perché nessuno è andato a fondo, nessuno ha parlato? Sono solo alcuni degli interrogativi a cui bisognerà rispondere.
La certezza è una: Leonardo non c'è più. Non ci sono più i suoi sogni e le sue speranze per il futuro. Restano il dolore, l'amarezza, lo sgomento. Di una famiglia, di una comunità, di un Paese intero. Oggi a Montignano in tanti gli hanno dato l'ultimo saluto.
"Facciamo fiorire in noi un nuovo senso di responsabilità che possa portarci nella difficile missione di ascoltare e di farci comprendere. Dobbiamo essere accoglienti, avere rispetto, empatia, sensibilità e tenerezza", le parole del parroco. "La vita è però anche fragile, da maneggiare con cura".