Scadrà mai la legge Fornero sulle pensioni nel 2025? Molti lavoratori si aspettavano dal governo italiano un’accoglienza pensionistica diversa. Invece no, niente abolizione della riforma Fornero, e qualche pacca sulle spalle con il rinnovo dell’Ape Sociale, Quota 103 e Opzione Donna.
Per i lavoratori prossimi alla pensione, dopo anni passati a progettare il futuro libero dal lavoro, arriva una solida proposta per ritardare l’uscita.
E allora ci si chiede ancora: si potrà mai superare la riforma lacrime e sangue sulle pensioni? Per ora no, e neanche nel prossimo futuro. Il problema delle pensioni resta, riguarda tutti i lavoratori ed è anche molto complesso. Vediamo perché.
Per il prossimo anno non ci sarà la riforma delle pensioni, ma come anticipato dal Governo nella bozza della Manovra 2025 (il testo ufficiale arriverà a novembre in Parlamento), saranno confermate le misure previdenziali in scadenza il 31 dicembre 2024.
Va ricordato che il Governo Meloni sta affrontando una sfida difficile: gran parte delle risorse previste nella Manovra sono dirette a confermare le misure in scadenza a fine anno e, allo stesso tempo, a promuovere la natalità con nuovi incentivi a sostegno delle famiglie.
Nessuna modifica alle misure Quota 103, Ape Sociale e Opzione Donna dopo i correttivi apportati con la legge di Bilancio 2023. Nessuna bomba sulla legge Fornero, né tantomeno sul lavoro delle donne; non piace nemmeno il correttivo sul percorso preferenziale di accesso alla pensione. Non ci sarà alcuna apertura verso un’uscita più flessibile rispetto alla pensione di vecchiaia.
Infine, i lavoratori prossimi alla pensione sono incentivati a restare sul posto di lavoro, garantendo l’equità del rapporto tra lavoratori attivi e pensionati.
Detto questo, viene premiata la continuità al lavoro, con il rinnovo del pacchetto dei contributi per le aziende e le agevolazioni per i lavoratori, migliorandone la retribuzione.
Naturalmente, e come era prevedibile, la pensione anticipata ordinaria resta disciplinata dalla normativa prevista nell’articolo 15 del decreto-legge n. 4/2019, convertito con modificazioni nella legge n. 26 del 28 marzo 2019, che prevede la non si applicano gli adeguamenti alla speranza di vita per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 dicembre 2026.
Ciò significa che, fino al 1° gennaio 2027, i requisiti per la pensione anticipata ordinaria restano invariati: 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. L’accesso alla pensione di vecchiaia rimarrà stabile a 67 anni di età con 20 anni di contributi.
L'abolizione della legge Fornero è uno dei temi cari alla Lega, ma tutt’ora è impensabile abolire uno dei pilastri del sistema previdenziale italiano.
Alcune ragioni vanno ricercate anche negli archivi storici degli ultimi 20 anni. Non tutti rammentano che il primo cambiamento del sistema previdenziale è avvenuto con la riforma Dini del 1995, che introdusse il sistema contributivo, più penalizzante, e che sta gradualmente eliminando il sistema retributivo.
Gli interventi successivi sono stati diretti a ridurre il debito pubblico, abbassando o innalzando dell’età pensionabile con penalizzazioni, come previsto dalla legge Fornero.
Sono state introdotte strategie basate sull’impatto della curva demografica per mantenere stabile la sostenibilità del sistema pensionistico italiano.
In 10 anni, la legge Fornero ha permesso un risparmio di circa 80 miliardi di euro, contribuendo significativamente alla sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale.
Nel 2020, sono stati risparmiati circa 22 miliardi di euro, pari all'1,4% del PIL, con previsioni di diminuzione fino allo 0,8% entro il 2030 e un potenziale azzeramento entro il 2045.
Appare chiaro che abolire la legge Fornero non è in discussione, sia per non vanificare gli sforzi e i sacrifici compiuti dagli italiani, sia per evitare un altro intervento di salvataggio a tutela dei lavoratori.
A preoccupare i lavoratori sono le considerazioni fatte per il superamento della Fornero con l’introduzione di Quota 100, 102 e 103. La rimodulazione dei criteri di anticipo flessibile di Ape Sociale, Opzione Donna e Quota 103 è diventata sempre più penalizzante per i lavoratori.
È difficile, in questo modo, superare la percezione di essere (quasi) costretti a non andare in pensione, subendo inoltre una forte penalizzazione con la perdita della parte retributiva dell’assegno pensionistico per chi decide di andare in pensione a 62 anni con 41 anni di contributi.
Per le donne, il canale preferenziale Opzione Donna che permetteva l’uscita a 58 (59) anni con 35 anni di contributi, è stato rimodulato a 61 anni e 35 anni di versamenti maturati al 31 dicembre 2024 per specifiche categorie. E infine, anche l’Ape Sociale è stata posticipata a 63 anni e 5 mesi con 30 o 36 anni di contributi, eliminando la possibilità di accedere al trattamento con 32 anni di versamenti contributivi agli operai edili, dipendenti del settore e affini.
Si teme, infine, che in un futuro non troppo lontano possono esserci ulteriori modifiche alle misure attive nel sistema previdenziale italiano.