Alle prime luci dell'alba di oggi, 21 ottobre 2024, è stato arrestato dai carabinieri del Gruppo di Torre Annunziata e messo ai domiciliari: l'avvocato Maurizio Falanga, sindaco di Poggiomarino (Napoli) dal 2020, è accusato, insieme a due suoi collaboratori, di scambio elettorale politico-mafioso con l'aggravante dell'avvenuta elezione di due dei partecipi. Ecco chi è e cosa avrebbe fatto.
A darne notizia sono diversi quotidiani locali e nazionali. Stando a quanto ricostruito da un'indagine condotta dalla Direzione distrettuale Antimafia, Maurizio Falanga, classe 1974, sarebbe stato eletto sindaco di Poggiomarino grazie a un accordo stipulato insieme ad altri con il clan camorristico Giugliano, promettendo l'erogazione di denaro proveniente dall'affidamento di appalti pubblici in cambio di voti.
I fatti risalgono al mese di settembre del 2020. L'avvocato, originario di San Giuseppe Vesuviano, in provincia di Napoli, alla guida di una coalizione di centrodestra comprendente le liste Rialziamo la Testa, Cambiamo Insieme, Fratelli d'Italia, Fare Civico, Forza Italia e Unione di Centro, vinse con quasi il 60 per cento delle preferenze contro i due avversari politici. Ora insieme al vicesindaco Luigi Belcuore e all'imprenditore Franco Carrillo, sospettato di aver fatto da intermediario, è stato arrestato e messo ai domiciliari.
Come riporta Il Corriere della Sera, tutto inizia a dicembre 2023, quando il collaboratore di giustizia di 63 anni Rosario Giugliano, detto "'O minorenne", riferisce agli inquirenti di aver preso parte attiva alle elezioni del primo cittadino di Poggiomarino, facendo capire di avere dei "rappresentanti all'interno dell'amministrazione del Comune".
Parla, in particolare, di "piaceri" e "appalti a ditte" di sua proprietà o "di imprenditori" a lui vicini, accusando direttamente proprio Falanga, che a sua volta addita le rivelazioni come "infamanti", negando di aver avuto rapporti con la criminalità organizzata. Ne nasce un'indagine. Quella culminata oggi nell'arresto del politico, che, come i suoi collaboratori, sarebbe gravemente indiziato. Si aspettano ora sviluppi.
È l'articolo 416-ter del codice di procedura penale a regolare il reato di cui i tre fermati si sarebbero macchiati. Si tratta di un articolo importante, introdotto nell'ordinamento italiano dopo la strage di Capaci, che nel 1992 costò la vita al magistrato antimafia Giovanni Falcone a Palermo.
L'obiettivo? Evitare l'insediamento di associazioni mafiose sul territorio; insediamento che può essere diretto o indiretto, se appunto si avvale della collaborazione di soggetti che ricoprono qualifiche pubbliche, come sembrerebbe essere il caso di Poggiomarino.
In pratica viene punito chiunque accetti "direttamente o a mezzo di intermediari, la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all'articolo 416 bis (quelle mafiose composte da tre o più persone) o mediante le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416 bis (modalità intimidatorie) in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità o in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa".
Pena aumentata "della metà" nel caso in cui "colui che ha accettato la promessa di voti, a seguito dell'accordo, è risultato eletto nella relativa consultazione elettorale". A rispondere dell'accaduto, nel caso, è anche il mafioso: lo stesso Giugliano, infatti, risulterebbe al momento indagato. Ex braccio destro di Pasquale Galasso, di recente è stato condannato a 13 anni.
14 anni e 6 mesi invece la pena inflitta dai giudici del Tribunale di Torre Annunziata ad Alfonso Manzella, il cantante neomelodico noto come "Zuccherino", figlio della compagna. Le accuse? Dall'associazione mafiosa semplice allo spaccio, passando per riciclaggio, possesso di armi e azioni di intimidazione a colpi d'arma da fuoco.