Raffaella Ragnoli ha 58 anni e da poco più di uno si trova in carcere. Lo scorso 9 dicembre, i giudici della Corte d'Assise l'hanno condannata al massimo della pena, l'ergastolo, per l'omicidio del marito Romano Fagoni, avvenuto nel 2023 a Nuvolento. "Con me la giustizia ha perso", scrive ora in una lettera inviata al Giornale di Brescia, ripercorrendo la sua storia.
I fatti per cui Raffaella Ragnoli è stata condannata risalgono al 28 gennaio 2023. La donna, all'epoca 56enne, colpì con un coltello alla gola e uccise il marito Romano Fagoni, di tre anni più grande, nella loro abitazione di Nuvolento.
A dare l'allarme fu il figlio 15enne, che aveva assistito alla scena: all'arrivo dei soccorritori, per l'uomo - ex operaio disoccupato - non c'era già più niente da fare. Dalle prime ricostruzioni emerse un contesto familiare difficile. Ragnoli parlò di rapporti tesi con il marito e di continue litigate.
Sembra che, in effetti, la coppia avesse problemi economici, nonché la necessità di accudire la madre anziana e malata della vittima, che viveva al piano inferiore rispetto al loro.
Ragnoli, confessando il crimine, mise in luce fin da subito anche un'altra questione: le violenze subite da parte del marito che, stando alla sua versione, la sera dell'omicidio, dopo una serie di minacce, avrebbe provato ad aggredire il figlio.
"Quando ha visto l'uomo puntare il coltello al collo del figlio, non ha avuto altra via se non quella di agire per difenderlo", hanno dichiarato in aula, nel corso del processo a suo carico, i suoi avvocati difensori, Tommy Bettanini e Anna Maria De Mattei, chiedendo che venisse assolta per "legittima difesa".
"Non poteva scappare, né da sola, né con il ragazzino", hanno aggiunto. Di diverso avviso il sostituto procuratore Flavio Mastrototaro, rappresentante dell'accusa, che ha parlato di "omicidio doloso e aggravato", chiedendo, comunque, il riconoscimento delle attenuanti generiche e una pena complessiva di 24 anni.
La Corte, alla fine, ha deciso per l'ergastolo. Le motivazioni non sono ancora state rese note.
"Il 9 dicembre 2024, la giustizia ha perso", scrive ora, in una lettera indirizzata al Giornale di Brescia, la donna, riferendosi al giorno della sentenza di primo grado. Poi, dal carcere, ripercorre la sua storia.
afferma, parlando di "terribile choc". E ancora:
Un epilogo tragico, che ha cambiato per sempre la sua vita e quella della sua famiglia, e che mai nessuno si sarebbe aspettato, a partire dalla comunità di Nuvolento, sconvolta per l'accaduto.
conclude Ragnoli nella missiva. È probabile che i suoi legali facciano ricorso in Appello contro la decisione dei giudici. La sentenza, a quel punto, potrebbe essere confermata oppure ribaltata: si aspettano sviluppi.
La sua storia ricorderà a qualcuno quella di Alex Cotoia, che uccise il padre Giuseppe Pompa a Collegno, nel Torinese. Secondo la sua versione, agì per difendere sé stesso e i suoi familiari dalle furie dell'uomo, geloso fino all'ossessione della moglie. È ancora in corso il processo d'Appello bis che lo riguarda.