Ora che rischia di dover mollare tutto, di dover mettere fine alla sua cavalcata politica, ci si può chiedere perché Daniela Santanchè è stata (ed è) un sex symbol della destra.
Insomma, non è solo una questione di bellezza perché, diciamoci la verità, di belle donne, soprattutto dall'avvento di Silvio Berlusconi, il centrodestra è stato sempre pieno.
Lei, però, fino a questo pasticciaccio brutto del rinvio a giudizio per falso in bilancio, ha resistito più delle altre. Di più: ha affascinato più delle altre. Ha stupito, lasciato a bocca aperta, fatto strabuzzare gli occhi. E anche ora che va per i 64, chi ha il coraggio di spogliarla da quel soprannome che tanto bene la descrive? La Pitonessa vive e lotta assieme a noi. Fino alla fine. Fino all'ultimo tacco 12.
E insomma: ora il centrodestra l'abbandona in aula al suo destino, fa finta di niente, volta lo sguardo altrove. Ma per quanto tempo le ha sbavato dietro? Per quanto tempo l'ha corteggiata? "Daniela? Perfetta: bella e brava!" "Daniela? Che sguardo, che fascino! Ottima per difendere la nostra posizione nei talk". Fin dalla metà degli anni Novanta, quando a Milano entrò in contatto con Ignazio La Russa e si iscrisse ad Alleanza Nazionale, è stato sempre tutto un Daniela di qua e Daniela di là.
E lei ci ha sempre saputo fare. Altrimenti, quando Donald Trump è stato eletto di nuovo presidente degli Stati Uniti, non avrebbe potuto mettere sui social questa foto con la frase "tanti anni fa".
E insomma: sic transit gloria mundi. Quando lei già frequentava il jet set internazionale, quei pivelli dei Cinque Stelle che ora strepitano in Parlamento al grido vergogna! erano ancora sugli alberi.
Anche perché poi i sex symbol sanno di avere potere fin da subito. O meglio: sanno di poterlo esercitare sempre e comunque. Ma quando questo super potere viene a mancare, sono sempre guai. Non l'accettano. Basterebbe chiedere a Giorgia e Arianna Meloni: da quando le sorelle d'Italia vorrebbero le sue dimissioni da ministra del turismo e invece devono stare ancora lì ad alzare gli occhi appena sentono parlare di lei?
E vabbè: ora è inutile che fanno così. Le Meloni sisters si sono fatte le ossa nelle sezioni di partito della Garbatella? Daniela Santanchè è venuta fuori dal nulla, nientemeno che da Cuneo, e ha dovuto lottare anche per avere il nome con cui tutti la conoscono: Santanchè.
Lei, infatti, nasce Garnero: Santanchè l'ha conquistato solo sposandosi, giovanissima, con il chirurgo Paolo Santanchè, il primo dei suoi uomini. La cui lista dei più importanti è composta anche da Canio Mazzaro, Alessandro Sallusti (con il quale si presentò nel 2015 alla prima alla Scala con un vestito che solo lei avrebbe potuto indossare)
e da Dimitri Kunz d'Asburgo-Lorena, che poi si scoprì che non era nemmeno un principe vero.
E comunque: lei i piani nobili della politica italiana se li è saputi conquistare con la nomea di donna tutta d'un pezzo, donna di mondo, imprenditrice determinata.
E se gli uomini li ha mollati dopo un po' dal punto di vista sentimentale, se l'è tenuti sempre stretti nei vari cda di cui ha fatto parte. Come dire: politica-affari-glamour-sensualità-gossip, Daniela Santanchè è sempre stata contemporaneamente tutto questo assieme.
E quindi: da dove iniziare? Da Pitonessa, dai: che anche questo descrive bene il suo essere sex symbol della destra italiana.
Perché Daniela Santanchè viene chiamata la Pitonessa? La vulgata vuole per via di una vecchia barzelletta erotica che lei stessa amava ripetere ("era l'unica che sapeva", una volta svelò il primo marito) e raccontava di un coniglietto che, volendo perdere la verginità, va in un bordello e viene indirizzato nella stanza della pitonessa. Ora: chi l'ha ascoltata dice che non è che facesse ridere. Ma che il pubblico maschile era comunque rapito dalla storiella.
E vabbè. Fatto sta che Daniela Santanchè, nel suo girovagare politico tra Alleanza Nazionale, la Destra di Storace (nel 2008 la candidò a premier), Movimento per l'Italia (con Denis Verdini), il Pdl, Forza Italia, Noi Repubblicani/Popolo Sovrano e Fratelli d'Italia ha trovato una costante: essere notata sempre per la sua sensualità. Per come era bella. Per come vestiva. Per quello che diceva. Per come lo diceva.
Ad esempio: litigò con Fini imputandogli di avere "palle di velluto".
E poi: le estati sullo yacht di Briatore, quasi il suo gemello diverso; il Billioner; il Twiga; le minigonne;
le Ray-ban a specchio; il cappello da cow-girl in sella alla moto d'acqua;
Gasparri che una volta, in Parlamento, piantò una bandierina tricolore nella sua scollatura. Un'altra dove che fu ben felice di rivelare le sue preferenze in termini di intimo: "Culotte, prego". E quella volta che postò:
Erano i giorni del 2017 in cui lasciava Forza Italia per approdare in Fratelli d'Italia. E l'hashtag fu rivelatore: #FemminaComeLaGuerra. What else?