Anche quest’anno l’IMU porta con sé almeno due cattive notizie: la prima riguarda l’importo, che potrebbe variare sensibilmente da un Comune all’altro; la seconda, la scadenza ormai vicina. Il primo appuntamento con l’Imposta Municipale Propria è fissato per lunedì 16 giugno 2025, data entro cui va versata la prima rata. Il saldo andrà poi pagato entro il 16 dicembre.
Il tributo locale grava su chi possiede fabbricati, terreni agricoli o altri immobili che non rientrano nella categoria dell’abitazione principale, fatta eccezione per quelle classificate di lusso. Devono versarla anche i genitori assegnatari della casa familiare, se previsto da un provvedimento del giudice.
A complicare ulteriormente il quadro, la disparità delle aliquote comunali: conoscere per tempo regole, novità e scadenze è essenziale per evitare errori e sanzioni.
Come riportato da fiscooggi.it, l’IMU si calcola in base ai mesi e alla percentuale di possesso dell’immobile nell’anno solare. Il mese è considerato per intero se il possesso supera i 15 giorni.
In caso di compravendita, il giorno del passaggio è a carico dell’acquirente. Tuttavia, se nel mese del trasferimento i giorni di possesso sono uguali per venditore e acquirente, l’intera imposta per quel mese resta a carico del cedente.
Sono tenuti al pagamento:
La prima rata va versata entro il 16 giugno 2025, mentre il saldo entro il 16 dicembre 2025.
Per gli enti non commerciali, invece, le scadenze seguono un calendario diverso: tre rate, con i primi due acconti da versare entro il 16 giugno e il 16 dicembre 2025, e il saldo a conguaglio entro il 16 giugno 2026, come previsto dagli art. 1, commi 762 e 767, della Legge 160/2019.
Uno degli aspetti più controversi riguarda la categoria catastale degli immobili. La rendita catastale è la base per determinare l’importo da versare e può generare significative disuguaglianze fiscali, come sottolineato anche da brocardi.it. La variazione della rendita può far oscillare l’IMU in misura rilevante, a parità di caratteristiche reali dell’immobile.
A Milano, ad esempio, per un’abitazione in categoria A/2 l’acconto IMU può arrivare a circa 2.628 euro, mentre per una casa classificata A/3 si versano appena 1.221 euro.
A Napoli, una casa A/3 comporta un’imposta di circa 898 euro, che sale a 1.641 euro se si tratta di una A/2.
A Firenze, il pagamento resta elevato in entrambe le categorie: 1.270 euro per A/3 e 1.598 euro per A/2.
Anche a Bologna si nota la disparità: gli immobili A/2 si attestano su una media di 1.487,90 euro.
Queste differenze non sempre rispecchiano la reale qualità o valore dell’immobile. Può accadere che due abitazioni simili siano tassate diversamente solo per una classificazione catastale non aggiornata.
In molti casi, dopo lavori di ristrutturazione o miglioramento, i proprietari non hanno richiesto la riclassificazione catastale, finendo così per beneficiare (inconsapevolmente o meno) di rendite più basse e quindi di un’imposizione minore.
Un caso emblematico riguarda le abitazioni popolari, classificate in categoria A/4, che scontano un’IMU sensibilmente più bassa. Rappresentano circa il 13,8% del patrimonio abitativo nei capoluoghi di provincia.
Tuttavia, i processi di riqualificazione urbana portano spesso a un aumento della rendita catastale e, di conseguenza, dell’importo dovuto.
Dal punto di vista fiscale, l’IMU non distingue tra seconde case sfitte e immobili locati a canone libero: in entrambi i casi si applica la stessa aliquota, senza riduzioni automatiche.
Le agevolazioni sono limitate e le riduzioni sotto i mille euro si registrano solo in pochi Comuni, tra cui Milano, Modena e Ravenna.
L’unica eccezione riguarda gli immobili affittati a canone concordato: in questi casi l’aliquota può essere ridotta fino a 4 punti percentuali, secondo i regolamenti comunali.
Secondo quotidianopiu.it, l’articolo 1, comma 756 della Legge 160/2019, integrato dal decreto ministeriale del 7 luglio 2023, ha introdotto nuovi obblighi per i Comuni, tra cui la redazione e pubblicazione del prospetto delle aliquote IMU. Questo documento deve accompagnare ogni delibera comunale relativa alle aliquote, evidenziando in modo chiaro le variazioni e i criteri di applicazione.
In caso di mancato adempimento, si applicano le disposizioni degli art. 1, commi 748-755 della Legge 160/2019, che prevedono l’applicazione automatica delle aliquote standard.
È importante sottolineare che, in base all’art. 1, comma 837 della Legge 197/2022 (Legge di Bilancio 2023), in caso di omissione del prospetto, non si applicheranno più le aliquote dell’anno precedente ma direttamente quelle standard, molto più favorevoli ai contribuenti.
Fino al 2024, in assenza della pubblicazione del prospetto, si applicavano le aliquote dell’anno precedente. Da ora, se il Comune non pubblica entro il 28 ottobre sia la delibera sia il relativo prospetto, scatta automaticamente l’applicazione d’ufficio delle aliquote standard.
Per quanto riguarda l’acconto IMU, da versare entro il 16 giugno, continueranno ad applicarsi le aliquote e detrazioni dell’anno precedente, come previsto dall’art. 1, comma 762 della Legge 160/2019. La verifica dell’adempimento da parte dei Comuni avverrà, quindi, solo al momento del calcolo del saldo, a dicembre.