Tra pochi giorni, alcuni pensionati potrebbero ritrovarsi con diverse decina di euro in meno sulla pensione. L’INPS ha esaminato i dati relativi alle somme erogate indebitamente nel 2022 e, dopo una prima valutazione, molti pensionati dovranno restituire il bonus INPS tramite trattenute mensili da 50 euro, fino a concorrenza dell’importo percepito, che varia tra i 150 e i 200 euro. Le trattenute partiranno dal mese di giugno 2025. Vediamo insieme chi sono i pensionati interessati da questa trattenuta obbligatoria sul bonus INPS.
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Nel 2022, molti pensionati hanno accolto con fiducia un sostegno economico pensato per contrastare l’impennata dei prezzi di beni e servizi essenziali. Un aiuto automatico, accreditato direttamente nel cedolino pensionistico, del valore di 150 o 200 euro, in base al reddito dichiarato l’anno precedente.
Le disposizioni relative a questi incentivi straordinari si trovano nei decreti legislativi n. 50/2022 e n. 144/2022. In pochi, però, avrebbero immaginato che — a distanza di anni — avrebbero dovuto restituire quell’importo, pensato in un momento di emergenza per sostenere il potere d’acquisto dei pensionati.
Ora, a partire da giugno 2025, molti si troveranno con una trattenuta mensile da 50 euro sulla pensione, fino a coprire la somma ricevuta. Si parla quindi di 3 o 4 mesi di restituzione, a seconda che si sia percepito il bonus da 150 o 200 euro.
La notizia ha generato preoccupazione tra tanti pensionati. Subire un taglio mensile — anche solo di 50 euro — in una fase storica ancora segnata da rincari e inflazione è un colpo duro. Anche perché l’ombra dell’aumento dei prezzi non si è affatto dissolta; anzi, si allunga sul futuro.
La crisi economica che colpisce i pensionati è concreta e profonda, e la sensazione diffusa è che resistere sempre più agli urti dei rincari diventi ogni giorno più difficile.
In generale, la normativa prevede che l’INPS possa richiedere la restituzione delle somme percepite indebitamente entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui sono state effettivamente erogate. Trascorso questo termine, l’Istituto non potrà più chiedere indietro le somme, perché per legge diventano irripetibili.
Tuttavia, in caso di omessa dichiarazione dei redditi, i termini per il recupero cambiano: in questa circostanza, l’INPS può richiedere la restituzione entro 10 anni.
Non sono lontani i ricordi di quando l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ha erogato automaticamente il bonus indennità di 200 e 150 euro ai pensionati con redditi personali imponibili IRPEF 2021, al netto dei contributi previdenziali e assistenziali, entro le soglie di 35.000 e 20.000 euro.
L’erogazione del bonus ai titolari di prestazioni pensionistiche e assistenziali è stata basata sulle dichiarazioni dei redditi del 2021 fornite dall’Agenzia delle Entrate.
Ora, dopo i controlli effettuati a dicembre 2024, l’INPS si trova nella posizione di dover correggere le anomalie, richiedendo la restituzione obbligatoria ai pensionati che non soddisfano i requisiti previsti dalla normativa. La restituzione avverrà tramite una trattenuta minima di 50 euro al mese sulla pensione, fino a coprire l’intero importo indebitamente erogato.
Sì, perché dopo la verifica scatterà il recupero a partire da giugno 2025. Questo meccanismo automatico rischia di innescare una nuova crisi per molti pensionati, che dovranno far fronte alle spese quotidiane con un assegno previdenziale o assistenziale ridotto.
Come riportato dall’INPS nei suoi servizi dedicati, è disponibile anche il servizio per il recupero indebiti, istituito nell’ambito dei progetti del PNRR.
Questo servizio consente di rateizzare le somme percepite ma non dovute, rendendo più gestibile la restituzione.
I pensionati possono attivare online un piano di recupero, richiedendo un rateizzo tramite gli avvisi di pagamento PagoPA. In alternativa, la restituzione del bonus INPS avviene con una trattenuta mensile minima di 50 euro sul trattamento previdenziale o assistenziale.
Come detto in precedenza, il termine di prescrizione per il recupero delle somme indebitamente percepite varia a seconda delle circostanze. In alcuni casi la prescrizione scade dopo un anno, mentre in altri può arrivare fino a 10 anni.
Per quanto riguarda gli indebiti contributivi, la Cassazione, con l’ordinanza n. 31508 del 25 ottobre 2022, ha stabilito che il termine di prescrizione per le somme trattenute è di 5 anni.
È importante ricordare che anche l’INPS può commettere errori. Non sono pochi i casi in cui l’Istituto ha dovuto risarcire i pensionati per errori nel calcolo della rendita mensile o altre situazioni simili.
Per questo motivo, è sempre consigliabile verificare con attenzione gli importi erogati.
È possibile richiedere una verifica presso gli uffici territoriali dell’INPS, nella sezione contributiva, per controllare eventuali diritti inespressi e valutare se si ha diritto a una maggiorazione della pensione o all’accesso a prestazioni che, se non richieste, non vengono riconosciute.
Gli errori dell’INPS possono avere effetti moltiplicatori e devastanti per chi li subisce. Importi non dovuti richiesti indietro dopo anni, pensioni calcolate in modo errato o prestazioni negate ingiustamente sono solo alcuni degli scenari più frequenti.
Purtroppo, per difendersi dalle pretese ingiuste dell’INPS è spesso necessario presentare un ricorso formale al Tribunale ordinario, che si occupa di materie di lavoro e previdenza, oppure, in casi particolari (soprattutto per pensioni pubbliche), rivolgersi alla Corte dei Conti.