«La Perla è salva! Il simbolo del Made in Italy sarà rilanciato da un investitore che garantirà marchio, sito produttivo e occupati»: con queste parole, il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha annunciato stamattina a Bologna l’avvio di una nuova fase per il brand di corsetteria che, più di ogni altro, ha rappresentato l’eccellenza italiana nel mondo.
Dal sito produttivo di via Mattei, cuore storico dell’azienda fondata nel 1954 da Ada Masotti, Urso ha comunicato la risoluzione della crisi che ha seriamente compromesso il futuro della celebre maison di lingerie di lusso, travolta dalla speculazione finanziaria operata dal fondo Tennor. Una vertenza, ha ricordato il ministro, tra le più complesse mai affrontate dal dicastero, per via del coinvolgimento di più Paesi e di una procedura legale che appariva «inestricabile».
Da oggi, però, si riguarda al futuro. La Perla sarà infatti assegnata a un soggetto unico che ha manifestato l’interesse per il marchio, il sito produttivo e i lavoratori, presentando un progetto industriale solido che prevede non solo la salvaguardia degli attuali 210 posti di lavoro, ma anche il potenziamento dell’organico con l’assunzione di ulteriori 40 unità.
Al centro del piano del nuovo soggetto industriale – che sarà presentato a sindacati ed enti territoriali il prossimo 10 giugno – la valorizzazione dello storico sito industriale di Bologna.
Accolta la notizia, resta da compiere un ultimo passo per restituire piena serenità alle lavoratrici e alle maestranze che, in questi anni, hanno pagato sulla propria pelle il prezzo della crisi: l’inserimento in un decreto legge della norma per la proroga della cassa integrazione, necessaria a garantire continuità in attesa che si completino tutte le procedure per il trasferimento alla nuova proprietà.
Solo allora, le lavoratrici di La Perla potranno davvero festeggiare il raggiungimento di un traguardo straordinario, reso possibile dalla tenacia e dalla determinazione con cui, assieme ai sindacati, hanno difeso non solo il marchio, ma la loro storia e quella del territorio bolognese.
Da non scordare, peraltro, il tratto distintivo di assoluta eccezione di questa storia. Quella di La Perla è stata infatti una lotta tutta al femminile: donne sono le maestranze che animano da sempre i laboratori produttivi, e donne sono Stefania Pisani (Filctem Cgil Bologna) e Mariangela Occhiali (Uiltec Uil), le sindacaliste che hanno guidato con determinazione – e creatività - una battaglia lunga e difficile, oggi finalmente vicina alla conclusione.
La crisi La Perla non nasce da un calo del mercato, né una difficoltà di vendita del prodotto che, anzi, ha continuato a raccogliere altissimi volumi di richieste, nonostante l’inattività forzata dell’ultimo anno e mezzo. All’origine della crisi del brand, infatti, vi è la gestione fallimentare e speculativa operata dal fondo Tennor, già dai primi mesi successivi all’acquisizione.
Nel 2022, il bilancio La Perla si chiude con 49 milioni di euro di perdite, coperte direttamente dal fondo senza nemmeno ricorrere al credito bancario. Ma se i soldi ci sono, perché non vengono investiti nella produzione? La risposta dei sindacati è netta: quella su La Perla è una pura operazione speculativa.
A spiegarlo a Tag24, già nel novembre 2023, era stata Stefania Pisani, sindacalista della Filctem Cgil, che ai nostri microfoni aveva descritto il progressivo smantellamento aziendale in atto: «Ridimensionamento dell’organico, duplicazione di funzioni manageriali tra Londra e Bologna, accumulo di debiti verso fornitori, calo della produzione, assenza di nuove collezioni, contrazione della rete retail nazionale e internazionale, nessuna programmazione finanziaria. Questa è la situazione».
Gli esiti di questo processo diventano inesorabili: dai 703 occupati del 2018 si passa a poco più di 200 occupati nel 2025.
Il danno è sempre più evidente: il fondo Tennor ha trattato l’azienda come un asset finanziario da drenare, bruciando un patrimonio produttivo di inestimabile valore per il territorio bolognese e per l’intero Paese.
È da questa consapevolezza che prende il via l'intricatissima vertenza dalla dimensione internazionale: la crisi La Perla è la prima a richiedere, dopo la Brexit, la definizione di un protocollo legale transfrontaliero, capace di connettere le tre procedure giudiziali italiane con quella britannica, dove formalmente risiede la proprietà del marchio.
Ed è proprio il protocollo, arrivato nel gennaio 2025 dopo un lavoro lungo mesi, a segnare la svolta permettendo la vendita unificata dei tre rami aziendali e, soprattutto, la cessione a un soggetto industriale in grado di garantire un autentico rilancio produttivo e la salvaguardia dell’occupazione.
La svolta nella crisi La Perla e l’annuncio del prossimo rilancio hanno incassato la soddisfazione di tutto l’arco politico, a partire proprio dal ministro Urso che ha sottolineato l’impegno straordinario dei commissari, dei curatori italiani, dei liquidatori inglesi, dello staff del Mimit e delle stesse lavoratrici.
Un lavoro corale, quello delle istituzioni e delle parti sociali, riconosciuto anche dal presidente della Regione Emilia-Romagna, Michele de Pascale, e dalla segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, che ha voluto rendere omaggio alla “lotta tenace e combattiva delle sindacaliste e delle lavoratrici”, ringraziando al contempo il ministro Urso “per averci aggiornato costantemente”. Un abbraccio “fortissimo” alle Perline, “che non si sono mai date per vinte”, è arrivato anche da Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 Stelle.