La manovra di Bilancio 2026, una delle più controverse degli ultimi dieci anni, ha ottenuto il via libera definitivo della commissione Bilancio del Senato e domani – lunedì 22 dicembre - sbarcherà nell'aula di Palazzo Madama per l'approvazione che – salvo ulteriori stop and go – dovrebbe arrivare martedì 23 dicembre, giorno dell'anti-vigilia.
Dopo di che anche i senatori 'romperanno le righe' e ritorneranno a casa per le festività Natalizie.
Tuttavia, le vacanze saranno brevi almeno per i deputati perché già sabato 27 si ritorna alla Camera per l'approvazione definitiva, in seconda lettura che deve arrivare entro il 31 dicembre 2025, altrimenti si finisce in esercizio provvisorio.
Quella del 2025 è stata senza dubbio la manovra più spinosa tra quelle approvate fino a oggi dal governo Meloni che, su più di un provvedimento, ha rischiato l'apertura della crisi di governo.
Ma è stata anche quella contro cui l'opposizione ha denunciato una soppressione dei tempi del dibattito parlamentare dovuti principalmente al ritardo accumulato nell'iter di approvazione in Commissione.
Vediamo, allora, cosa prevede la 'nuova manovra' 2025 licenziata dalla commissione Bilancio di Palazzo Madama, che – a meno di ulteriori limature che potrebbero sopraggiungere alla Camera – è arrivata alla sua versione definitiva.
Rientrate, non senza strascichi, le tensioni interne alla maggioranza con la Lega alla fine una 'stretta' sulle pensioni c'è stata.
È vero che è stato cancellato l’emendamento più simbolico e impopolare, cioè l’allungamento delle finestre di uscita per la pensione anticipata, tuttavia, tutte le altre misure restano e producono effetti molto concreti.
Non cambiano le regole “sulla carta”, ma restringono le possibilità reali di uscita e riducono la spesa pensionistica nel medio-lungo periodo.
Non c’è un taglio secco degli assegni né un aumento diretto dell’età pensionabile, ma una serie di interventi indiretti e strutturali che, messi insieme, rendono più difficile, più costoso o meno conveniente andare in pensione.
In pratica, la stretta non è frontale: è diluita nel tempo e spostata sui meccanismi di accesso.
Nella sua versione finale, la Legge di Bilancio 2026 prevede lo stop alla possibilità di accedere alla pensione anticipata di vecchiaia cumulando la rendita dei fondi complementari.
In concreto significa che chi aveva investito in fondi pensione non potrà più usarli per andare in pensione prima e che l’uscita anticipata diventa accessibile a meno persone, soprattutto a chi ha carriere discontinue o redditi medi.
All' effetto pratico: si lavora più a lungo, anche avendo messo da parte risorse private.
Aumentano i tagli all’anticipo pensionistico per i lavoratori precoci, cioè coloro che hanno raggiunto almeno 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni di età.
Il taglio ammonta a 20 milioni dal 2027, a 60 milioni dal 2028 e a 90 milioni dal 2029 al 2032, mentre per il 2033 la riduzione sarà di 140 milioni di euro e 190 milioni dal 2034.
I tagli alla spesa non sono simbolici, ma crescono anno dopo anno e hanno come effetto un limite all'accesso alla pensione anticipata e assegni più bassi per una categoria già fragile, spesso impiegata in lavori manuali.
Dal primo gennaio obbligo di versamento del Tfr al Fondo Inps anche per le aziende con 50 dipendenti. Dal 2032 le maglie si ampliano ancora includendo nell’obbligo di versamento le imprese con numero pari o superiore a 40 dipendenti.
I neo assunti del settore privato potranno contare su un'adesione automatica alla previdenza complementare da luglio 2026. Entro sessanta giorni dall'assunzione il lavoratore può comunque optare per la rinuncia all'adesione automatica.
Il TFR diventa sempre meno una risorsa “libera” per il lavoratore e sempre più uno strumento di equilibrio dei conti pubblici. In pratica il sistema ammette implicitamente che l’assegno pubblico da solo non basterà più.
In conclusione non si può parlare di tagli alle pensioni, poiché non sono previste strette immediate, ma di modifiche strutturali diminuite nel tempo che produrranno – secondo gli analisti – una riduzione graduale della spesa pensionistica che peserà sui lavoratori.
L'obiettivo delle misure contenute nella manovra è quindi quello di abbassare i costi per lo Stato attraverso: una contrazione delle vie di uscita anticipata; lo spostamento del peso dal pubblico al privato tramite la stretta sui Tfr; una concentrazione dei provvedimenti soprattutto nei confronti di lavoratori precoci e con redditi medio-bassi.
La stretta sulle pensioni è uscita dalla porta, ma è rientrata dalla finestra.
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.
I campi obbligatori sono contrassegnati con *