Se, fino a non molti anni fa, la pensione era un traguardo tanto ambito quanto meritato, oggi preoccupa sempre di più. Con le regole attualmente in vigore, infatti, le pensioni non sono più quelle di una volta: gli importi sono più contenuti, anche se non necessariamente si traduce in un importo irrilevante.
Chi è finito completamente nel sistema contributivo è più svantaggiato, mentre chi ancora ricade nel sistema misto ha più margine di manovra.
In questo articolo, vedremo cosa fare per prendere una pensione più alta durante gli ultimi anni di lavoro con il metodo di calcolo contributivo.
Oggi, per la grande maggioranza di coloro che andranno in pensione in futuro, il sistema contributivo è il principale criterio di calcolo della pensione, dato che solo pochi lavoratori hanno maturato contributi per l’intera carriera prima del 1996, quando era ancora valido il metodo retributivo.
Questo non significa, però, che lo stipendio non conti: l’importo dei contributi versati, infatti, dipende direttamente dalla retribuzione percepita nel corso degli anni di lavoro.
I lavoratori che, ancora, riescono a rientrare nel sistema misto non dovrebbero avere cali retributivi per non ridurre la quota retributiva della pensione.
Invece, le regole cambiano completamente per i lavoratori che rientrano completamente nel sistema contributivo, ogni contributo aggiuntivo contribuisce all’aumento dell’assegno futuro.
Quindi, se nel primo caso si dovrebbe evitare una retribuzione inferiore, nel secondo eventuali periodi con retribuzioni più basse inciderebbero in misura minore sull’importo della pensione futura.
Con la riforma Dini, il sistema pensionistico italiano ha cambiato rotta: oggi l’importo della pensione si basa esclusivamente sui contributi effettivamente versati durante la carriera lavorativa.
I contributi versati, rivalutati ogni anno in base all’inflazione, vanno a formare il montante contributivo, che viene poi trasformato in pensione grazie a specifici coefficienti. Questi variano a seconda dell’età di uscita dal lavoro: più si posticipa il pensionamento, più alto sarà il coefficiente applicato, e quindi l’assegno finale.
Solo con questo metodo, ovvero posticipando la pensione, è possibile ricevere un importo pensione più alto.
Un meccanismo considerato più equo e lineare, perché lega direttamente la pensione a quanto effettivamente versato e riduce le possibilità di forzature. Non ci sono più scorciatoie e, per ottenere un assegno più sostanzioso, l’unica strada è versare più contributi, lavorando più a lungo.
Dal 1996, il sistema pensionistico italiano ha voltato pagina con la riforma Dini, segnando il tramonto del metodo retributivo. Da allora, il calcolo della pensione si basa sui contributi effettivamente versati nel corso della carriera, e non più sugli ultimi stipendi percepiti.
Prima della riforma, infatti, l’importo dell’assegno veniva determinato in base a una percentuale delle retribuzioni degli ultimi 5 o 10 anni di lavoro.
Chi riusciva a ottenere aumenti di stipendio nella fase finale della carriera ne traeva un vantaggio diretto sulla pensione.
Un sistema che, però, prestava il fianco a distorsioni: non erano rari i casi di promozioni strategiche e poco meritocratiche, pensate appositamente per gonfiare l’assegno previdenziale.
Il metodo di calcolo della pensione varia a seconda della storia contributiva del lavoratore. Chi ha lavorato interamente prima del 1996 rientra nel sistema retributivo puro, che tiene conto delle ultime retribuzioni percepite per determinare l’importo dell’assegno.
La maggior parte dei lavoratori, però, si trova in una situazione intermedia e ricade nel cosiddetto sistema misto: per i contributi versati prima del 1996 si applicano le regole del retributivo, mentre quelli successivi vengono calcolati con il contributivo.
C’è un’eccezione importante: chi al 31 dicembre 1995 aveva già maturato almeno 18 anni di contributi, può beneficiare del calcolo retributivo fino al 2011, con il passaggio al contributivo solo per la parte di carriera successiva.
Negli ultimi anni, il sistema pensionistico italiano è cambiato, passando dal metodo retributivo a quello contributivo, con l'introduzione della riforma Dini nel 1996.
Oggi, la pensione si calcola principalmente in base ai contributi versati durante la carriera lavorativa, con il sistema misto che combina elementi dei due metodi.
I lavoratori con carriera interamente contributiva sono svantaggiati rispetto a quelli con carriera mista. Per ottenere una pensione più alta, è fondamentale evitare cali retributivi e contribuire maggiormente durante gli anni di lavoro. Il sistema contributivo, pur essendo più equo, lega direttamente la pensione ai contributi effettivi versati.