Si ritorna a parlare di Irpef, con il governo Meloni che intende di nuovo mettere mano sul sistema progressivo a aliquote e scaglioni. Si ripresenta l’ipotesi di un abbassamento dell’aliquota applicata al ceto medio. I cittadini coinvolti sono tutti coloro che guadagnano dai 28.000 euro a 50.000 euro circa.
In questo articolo, vedremo quali sarebbero gli effetti del nuovo taglio dell’Irpef sugli stipendi e, ovviamente, i relativi vantaggi e quando potrebbe arrivare.
Il governo sembrerebbe puntare a una nuova sforbiciata all’Irpef, questa volta nell’interesse del ceto medio. Secondo le intenzioni, ci sarebbe il passaggio dall’aliquota intermedia dal 35%, attuale, al 33%.
Un abbassamento di due punti percentuali già sperato nei mesi precedenti, ma non portato a compimento.
Infatti, si tratta di una modifica accantonata dalla Legge di Bilancio 2025 e, adesso, ripresa nuovamente in mano. Questo (probabile) nuovo intervento seguirebbe i precedenti che hanno visto negli scorsi anni un abbassamento del numero delle aliquote prima a quattro e poi a tre.
Il taglio dell’Irpef di due punti percentuali dovrebbe comportare qualche vantaggio ai contribuenti interessati. Secondo i primi calcoli, il risparmio dovrebbe attestarsi sui circa 40 euro.
A prima vista non sarebbe un granché, ma la convenienza salirebbe al crescere del reddito:
Il governo sarà chiamato a prendere decisioni delicate anche sul fronte delle risorse da destinare a questo intervento.
Per procedere con un ulteriore taglio dell’Irpef, secondo le stime, saranno necessari circa 4 miliardi di euro, una cifra che impone attente valutazioni di bilancio.
Tra le principali leve individuate per reperire le risorse necessarie figurano il concordato preventivo biennale rivolto alle partite Iva e nuovi strumenti per rafforzare la lotta all’evasione fiscale. L’intento del governo è quello di recuperare fondi da chi non ha versato quanto dovuto e, al tempo stesso, incentivare un rapporto più trasparente e collaborativo con le imprese, promuovendo il pagamento regolare delle imposte.
È una visione ottimistica, che punta sulla fiducia nei confronti dei contribuenti e su un dialogo costruttivo con il mondo produttivo, attraverso cui definire in anticipo l’importo delle tasse da versare. In questa direzione, l’esecutivo intende proseguire anche con una nuova fase di pace fiscale.
Tra le ipotesi allo studio, c’è la possibilità di saldare i debiti con il fisco attraverso un piano di rateizzazione senza sanzioni né interessi: 120 rate mensili distribuite su dieci anni. Una misura che però, per essere realizzata, richiederà ancora tempo e ulteriori valutazioni.
La Legge di Bilancio 2025 ha reso stabile la riforma che ha ridotto gli scaglioni Irpef da quattro a tre, confermando queste aliquote:
Il prossimo passo previsto è un ulteriore taglio per il ceto medio: si vuole abbassare l’aliquota dal 35% al 33% per i redditi tra 28.000 e 50.000 euro.
Questa novità dovrebbe entrare in vigore dal 1° gennaio 2026, probabilmente con la Legge di Bilancio 2026. Anche se si parla di un possibile anticipo già in autunno, è difficile che avvenga a metà anno perché il calcolo dell’Irpef si basa sul reddito annuale.
Il governo Meloni punta a ridurre l’aliquota Irpef per il ceto medio, passando dall’attuale 35% al 33% per i redditi compresi tra 28.000 e 50.000 euro, con entrata in vigore prevista dal 1° gennaio 2026;
Il taglio fiscale dovrebbe garantire un risparmio annuo stimato tra 340 e 440 euro per i contribuenti interessati, rappresentando un beneficio crescente con l’aumentare del reddito;
Per finanziare questa misura, il governo valuta risorse derivanti da un concordato preventivo biennale per le Partite Iva e da una maggiore lotta all’evasione fiscale, oltre a possibili piani di rateizzazione senza sanzioni per i debiti fiscali.