Le urla di una folla inferocita accompagnano l’ingresso in caserma di Enzo Tortora, interpretato da un intenso Fabrizio Gifuni. È questa la prima, potente scena che vediamo nella clip diffusa da HBO Max di "Portobello", la nuova serie evento firmata Marco Bellocchio. Il giorno scelto per mostrarla non è casuale: il 17 giugno del 1983 Tortora veniva arrestato con l’accusa, poi risultata falsa, di traffico di droga e associazione camorristica.
A distanza di 42 anni, "Portobello" promette di riportare alla luce uno dei più drammatici errori giudiziari italiani. E lo fa con uno sguardo artistico che ha il sapore della memoria civile. La serie, attesa nel 2026, è la prima produzione originale italiana di HBO Max e segna un punto di svolta per le produzioni nostrane nel panorama internazionale.
La sequenza rilasciata è già un manifesto. Tortora ammanettato, assalito dai fotografi, ammonisce i giornalisti: "Voi dovete stare molto attenti a questa vicenda. Guardatela bene tutti". È un avvertimento, ma anche un appello. Un uomo consapevole di stare per entrare in un incubo da cui uscirà solo dopo anni, e con il corpo e l’anima provati.
Marco Bellocchio sceglie di iniziare da qui: dal momento dello sfregio pubblico. Non da un’aula di tribunale, ma da un cortile in pieno giorno, dove il presentatore viene esposto al linciaggio mediatico. Il regista, già autore di opere intense come "Esterno Notte" e "Il Traditore", torna a scavare nei grandi traumi italiani, con il suo stile inconfondibile, a metà tra analisi storica e indagine psicologica.
La serie è scritta a otto mani con Stefano Bises, Giordana Mari e Peppe Fiore. A produrla, nomi di peso nel panorama europeo: OUR FILMS (gruppo Mediawan) e KAVAC FILM, in coproduzione con ARTE France e The Apartment Pictures (Fremantle).
Il cast è ricchissimo: oltre a Gifuni, spiccano Lino Musella, Barbora Bobulova, Alessandro Preziosi, Carlotta Gamba, Romana Maggiora Vergano, Fausto Russo Alesi e Salvatore D’Onofrio.
Dal punto di vista tecnico, "Portobello" è curata nei minimi dettagli: la fotografia è di Francesco Di Giacomo, i costumi di Daria Calvelli, la scenografia di Andrea Castorina. Il montaggio è affidato a Francesca Calvelli, mentre la colonna sonora è firmata da Teho Teardo.
Queste le immagini e la prima clip ufficiale della serie tv:
Chi era Enzo Tortora prima dell’arresto? Un volto noto e amatissimo della televisione italiana, simbolo di eleganza, ironia e umanità. Il suo programma, "Portobello", era un contenitore di sogni, scoperte e solidarietà. Ma nella notte tra il 16 e il 17 giugno 1983, tutto si spezza. I Carabinieri lo arrestano con accuse gravissime: traffico di droga e legami con la camorra napoletana.
Le accuse si basavano sulle dichiarazioni di ben 19 pentiti, tra cui Giovanni Pandico, Giovanni Melluso e Pasquale Barra, figure legate alla Nuova Camorra Organizzata. A queste si aggiunsero testimonianze di pregiudicati come il pittore Giuseppe Margutti e sua moglie. Ma tutto si rivelò un castello di menzogne.
La "prova regina"? Un nome scritto su un’agendina trovata a casa del camorrista Giuseppe Puca, alias O’Giappone. Un nome che, a una perizia calligrafica, risultò essere "Tortona", non "Tortora". E il numero telefonico associato non apparteneva al conduttore. L’unico contatto vero era quello con Pandico, che gli aveva inviato dei centrini dal carcere per venderli a scopo benefico tramite "Portobello" - centrini che la redazione aveva perso. Per scusarsi, Tortora aveva mandato una lettera e un rimborso da 800.000 lire.
Ma per Pandico, affetto da disturbi paranoidi, bastò per sentirsi tradito e vendicarsi. Nacquero così accuse assurde: spaccio di droga negli studi TV, affiliazione camorristica, trame con boss come Raffaele Cutolo.
Il risultato? 271 giorni di carcere, una condanna in primo grado a 10 anni e una campagna mediatica feroce. Solo il 15 settembre 1986, la Corte d’appello di Napoli assolse Enzo Tortora con formula piena. I giudici demolirono tutte le accuse, evidenziando la totale inconsistenza delle prove.
La serie "Portobello" arriva in un momento simbolico. Il 17 giugno, data dell’arresto di Tortora, potrebbe diventare ufficialmente la Giornata nazionale in memoria delle vittime di errori giudiziari. La proposta di legge - avanzata da Italia Viva - è ancora in bilico: il 7 maggio scorso è stata rinviata in commissione, scatenando polemiche da parte delle opposizioni e perfino qualche malumore nella maggioranza.
Una memoria difficile, quella del caso Tortora. La maxi-operazione che lo coinvolse portò a 856 arresti in 33 province italiane, coinvolgendo anche personaggi noti come Renato Vallanzasca, Antonio Sibilia e persino la moglie di Raffaele Cutolo, Immacolata Iacone, rimasta latitante. Un’indagine colossale che produsse un dossier di 3.800 pagine - soprannominato dalla stampa "la Treccani della camorra".
Ma dentro quel tsunami giudiziario, la figura di Enzo Tortora emerse come simbolo dell’errore giudiziario. Un simbolo che oggi rivive nella fiction, grazie a Bellocchio, ma che richiama ancora una volta la responsabilità di chi racconta la giustizia, la cronaca, la verità.