L’usucapione permette di acquisire la proprietà di un bene attraverso il possesso continuato per un periodo di tempo stabilito dalla legge: 20 anni per immobili, 10 in alcuni casi particolari, 5 per beni mobili.
Ma cosa accade quando la continuità del possesso viene interrotta o il vero proprietario si oppone? In questi casi si parla di “interruzione dell’usucapione”, un meccanismo che blocca il conteggio del tempo necessario per acquisire la proprietà. L’interruzione segue regole precise, spesso poco conosciute ma fondamentali.
In questo articolo, spieghiamo come funziona e quali sono le differenze tra l’interruzione naturale e civile dell’usucapione.
L’interruzione dell’usucapione è un istituto giuridico fondamentale che riguarda quegli eventi in grado di bloccare il decorso del tempo necessario affinché un possessore possa acquisire la proprietà di un bene immobile tramite usucapione.
Per capire come funziona, è importante sapere che questi eventi devono verificarsi entro i termini previsti dalla legge, che variano a seconda della tipologia di usucapione:
L’interruzione può assumere due forme diverse, che incidono in modo differente sul possesso:
Comprendere le differenze tra queste forme di interruzione è essenziale per chiunque voglia tutelare i propri diritti sulla proprietà o per chi si trovi in una controversia legata all’usucapione.
L’interruzione naturale dell’usucapione si verifica quando una causa esterna impedisce materialmente l’esercizio del possesso da parte del possessore.
Ciò accade, ad esempio, quando un evento naturale impedisce l’accesso e l’utilizzo dell’immobile da parte dell’attuale possessore.
Tale forma di interruzione ricorre, quindi, quando un fatto materiale fa sì che il bene venga sottratto, in concreto, al suo possessore per oltre un anno.
In particolare, secondo la Cassazione, l’interruzione naturale dell’usucapione si verifica ogni qual volta il possessore venga posto nell’obiettiva impossibilità di continuare a esercitare il possesso, sia per fatto del terzo, che per eventi naturali.
Esiste tuttavia la possibilità, per chi ha perduto in questo modo il possesso, di evitare comunque l’interruzione dell’usucapione: secondo lo stesso articolo 1167, l’interruzione si considera come non avvenuta se il possessore si riappropria del bene prima del decorso dell’anno oppure, se entro lo stesso termine, avvia un’azione diretta a recuperare il possesso (azione di reintegrazione).
Oltre all’interruzione naturale, l’usucapione può essere interrotta anche in modo civile, che si verifica in due situazioni principali:
Nel primo caso, non è un impedimento materiale a bloccare il possesso, ma una chiara manifestazione di volontà del proprietario che agisce per tutelare il suo diritto. Questo avviene tramite un atto giudiziario, come la notifica di una causa o un ricorso per riottenere il bene, da effettuare prima che scada il termine previsto per l’usucapione.
L’articolo 2943 del Codice civile stabilisce che l’interruzione si realizza con la notifica dell’atto che dà inizio al procedimento o con la presentazione della domanda nel corso del giudizio.
È importante sottolineare che una semplice diffida o una lettera di messa in mora non sono sufficienti: la Cassazione ha precisato che questi strumenti interrompono la prescrizione solo in materia di obbligazioni, ma non l’usucapione, dato che il possesso può proseguire anche contro la volontà del proprietario.
La seconda ipotesi si verifica quando è lo stesso possessore a riconoscere formalmente il diritto del proprietario.
L’usucapione permette di acquisire la proprietà di un bene tramite il possesso continuato per un periodo stabilito dalla legge. Tuttavia, se la continuità del possesso viene interrotta o il proprietario si oppone, il calcolo del tempo utile si blocca.
L’interruzione può essere di due tipi: naturale, quando un evento esterno impedisce l’uso del bene per oltre un anno, e civile, quando il proprietario manifesta formalmente il proprio diritto tramite un atto giudiziario o quando il possessore riconosce il diritto altrui.