Il caso dell’omicidio dei coniugi Maso, avvenuto il 17 aprile 1991 a Montecchia di Crosara (Verona), è uno degli episodi più sconvolgenti della cronaca nera italiana. Oltre a Pietro Maso, mandante e principale esecutore del delitto, la vicenda coinvolse anche tre complici: Giorgio Carbognin, Paolo Cavazza e Damiano Burato. Ma che fine hanno fatto oggi Carbognin e Cavazza, i due complici maggiorenni?
Giorgio Carbognin e Paolo Cavazza erano amici di Pietro Maso, entrambi diciottenni all’epoca dei fatti. Furono coinvolti attivamente nella pianificazione e nell’esecuzione dell’omicidio, spinti dal desiderio di una vita agiata e dalla promessa di una parte dell’eredità familiare. La loro partecipazione fu determinante: presero parte al massacro e, secondo le ricostruzioni processuali, mostrarono una personalità fragile e facilmente influenzabile, soprattutto Carbognin, che vedeva in Maso una figura carismatica da emulare.
Al termine del processo, sia Giorgio Carbognin che Paolo Cavazza furono condannati a 26 anni di reclusione per duplice omicidio volontario pluriaggravato. Tuttavia, entrambi beneficiarono di riduzioni di pena grazie alla buona condotta e alle misure di indulto:
Un passaggio fondamentale nella vita post-carceraria di Carbognin fu il perdono ricevuto dalle sorelle Maso, Nadia e Laura, che firmarono un documento necessario per la sua riabilitazione penale. Questo atto gli ha permesso di “ripulire” la fedina penale e di facilitare la ricerca di un lavoro, soprattutto all’estero. Inoltre, Carbognin ha potuto cambiare cognome, un passo importante per lasciarsi alle spalle il passato e tentare di ricostruirsi una vita normale.
Dopo la scarcerazione, Giorgio Carbognin ha scelto di vivere lontano dai riflettori. Si è trasferito all’estero, probabilmente a Londra, dove si è costruito una nuova identità e una famiglia: oggi si sa che è sposato e ha due figli. Ha mantenuto un profilo estremamente basso, evitando qualsiasi contatto con i media e rinunciando a interviste o apparizioni pubbliche. Il suo percorso rappresenta un raro esempio di reinserimento sociale dopo un crimine tanto grave, favorito dal perdono delle vittime e dalla volontà di anonimato.
Rispetto a Carbognin, le informazioni su Paolo Cavazza sono ancora più scarse. Dopo la scarcerazione, Cavazza ha scelto il silenzio e la riservatezza. Non risultano interviste, dichiarazioni pubbliche né dettagli sulla sua vita privata o professionale. Alcune fonti riportano che, dopo aver lasciato il carcere nel 2013, si sia allontanato dall’Italia per cercare una nuova opportunità di vita, ma non ci sono conferme ufficiali. Cavazza, come Carbognin, ha deciso di sparire dalla scena pubblica, probabilmente per proteggere sé stesso e la propria famiglia da un passato ingombrante.