Il caso Garlasco, uno dei più discussi della cronaca italiana degli ultimi vent’anni, torna prepotentemente alla ribalta grazie a una rivelazione che potrebbe segnare una svolta nelle indagini sull’omicidio di Chiara Poggi.
A parlare è Mustapha Etarazi, muratore marocchino residente a Tromello, che in un’intervista al Canale 122-Fatti di Nera, ha raccontato di aver trovato, tra la spazzatura di una roggia, un paio di scarpe con la suola a pallini: un dettaglio che riporta immediatamente alla celebre impronta lasciata nel sangue della vittima, da sempre al centro delle ricostruzioni investigative.
Nel 2018, durante la pulizia di un tratto della roggia di Tromello, Etarazi si imbatte in una quantità di rifiuti e oggetti abbandonati: tra questi, uno zaino militare ormai consumato, alcuni attrezzi da lavoro — un attizzatoio, un’ascia e la testa di un martello — e, soprattutto, un paio di scarpe con la suola a pallini, di misura 43 o 44. «Se le ho tenute? No e non mi sarebbero andate bene: io ho il 42, quelle erano un 43, 44», afferma il muratore.
Questa scoperta, se confermata dagli inquirenti, potrebbe gettare nuova luce sul caso. L’unico condannato per l’omicidio di Chiara, Alberto Stasi, calza proprio il 42 e ha sempre negato di aver posseduto scarpe di quel tipo, mentre il nuovo indagato, Andrea Sempio, indossa il 44.
L’impronta della suola a pallini, rinvenuta sul tappetino del bagno della villetta di via Pascoli, è sempre stata uno degli elementi chiave dell’accusa contro Stasi. Tuttavia, le perizie successive hanno sollevato dubbi sulla compatibilità tra la scarpa di Stasi e quella che lasciò la traccia insanguinata. La rivelazione di Etarazi, quindi, apre la possibilità che la scarpa responsabile dell’impronta non appartenesse al condannato, ma a qualcun altro, forse mai realmente indagato fino in fondo.
A rafforzare questa nuova pista c’è anche il racconto di Gianni Bruscagin, supertestimone che solo recentemente ha deciso di parlare. Bruscagin riferisce che, la mattina del 13 agosto 2007, Stefania Cappa — cugina di Chiara Poggi — fu vista entrare nel cortile della casa della nonna a Tromello con un pesante borsone, che potrebbe essere stato gettato nel canale vicino. Cosa contenesse quel borsone resta un mistero, ma la coincidenza temporale e la vicinanza con il luogo del ritrovamento degli oggetti alimentano nuovi interrogativi.
Etarazi ha consegnato gli attrezzi ritrovati agli inquirenti solo nel maggio 2025, dopo che la sua testimonianza è stata sollecitata dagli sviluppi delle indagini e dalle rivelazioni di Bruscagin. Il muratore precisa di aver tenuto da parte quegli oggetti per motivi di lavoro, senza sospetti particolari, ma ora afferma di avere prove da mostrare solo ai magistrati.
La roggia di Tromello, dunque, si conferma crocevia di elementi potenzialmente decisivi: attrezzi compatibili con possibili armi del delitto, scarpe della misura giusta, uno zaino militare e la testimonianza di una donna in stato di agitazione con un borsone pesante. Tutti indizi che, se collegati, potrebbero riscrivere la storia processuale del caso.
Dopo la sua testimonianza, Etarazi racconta di non essere più ben visto dai vicini: «Sono tutti lontani parenti dei Cappa. Mi hanno detto di tacere». Un dettaglio che restituisce il clima di tensione e sospetto che ancora oggi si respira a Tromello, dove la vicenda continua a dividere la comunità.
Le nuove rivelazioni riaprono scenari che la giustizia sembrava aver archiviato. La Procura di Pavia sta ora valutando la compatibilità delle scarpe ritrovate con le impronte lasciate sulla scena del crimine e approfondendo il ruolo di tutti i protagonisti, compresi quelli mai formalmente indagati.