14 Jul, 2025 - 18:43

Pensioni sempre più tardi: niente sconti, ecco chi dovrà lavorare di più

Pensioni sempre più tardi: niente sconti, ecco chi dovrà lavorare di più

Prima ancora di poter anche solo pensare alla pensione, molti lavoratori rischiano di scontrarsi con il primo e più importante ostacolo: i requisiti previsti per l'età pensionabile. È quel muro che devono superare per poter finalmente presentare la domanda e smettere di lavorare. Il Governo, si sa, ha una visione a lungo termine in materia previdenziale e non sembra affatto intenzionato a bloccare l'aumento dei requisiti, almeno dal 2027.

E così, con buona probabilità, l'adeguamento all'indice medio dell'aspettativa di vita rilevato dall'ISTAT verrà attivato, lasciando molti lavoratori sbalorditi o, per meglio dire, "inchiodati" a lavorare più a lungo.

Non si tratta di un terremoto o di una rivoluzione improvvisa, ma semplicemente dell'applicazione di regole che, durante la pandemia da Covid-19, erano rimaste invariate.

 Sebbene modifiche ai requisiti per l'accesso a misure anticipate siano già avvenute in passato, ciò che sorprende realmente è la variazione dei requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata ordinaria, ovvero i due pilastri fondamentali del sistema previdenziale italiano.

L'età pensionabile aumenta: non è una tempesta sulle pensioni, ma una necessità da capire

L'Ufficio Parlamentare di Bilancio spinge per l'adeguamento dell'età pensionabile. E anche se ai lavoratori può non piacere, la verità è che l'applicazione di questo meccanismo non rappresenta affatto una tempesta annunciata; tutt'altro. In realtà, ha un impatto quasi irrilevante sul rapporto tra lavoratori e pensionati.

L'equilibrio del nostro sistema previdenziale, infatti, sembra reggere sotto il profilo numerico. Come riportato da investireoggi.it, nel 2023 contavano 149 lavoratori per ogni 100 pensionati, con un rapporto di 1,49.

Secondo numerosi esperti del settore, per una maggiore sostenibilità, sarebbe necessario raggiungere un rapporto di 1,50. Era già successo in passato che il nostro disavanzo aumentasse nel confronto internazionale, e così accade anche stavolta: la Germania si posiziona a 1,79 e la Spagna addirittura a 2,04.

Anche in questo contesto, però, il denominatore di riferimento resta sempre il numero dei pensionati. Secondo gli analisti, è giusto mettere un freno alla spesa pensionistica e al numero di pensionamenti anticipati, soprattutto considerando che in passato sono stati numerosi i casi di persone andate in pensione troppo presto, approfittando di regole eccessivamente permissive.

Per il Governo, sarebbe assurdo aumentare l'età pensionabile – portando la pensione di vecchiaia a 67 anni e 3 mesi e quella anticipata ordinaria a 43 anni e 1 mese per gli uomini e 42 anni e 1 mese per le donne di contributi – se poi, nella pratica, le persone continuano a ritirarsi prima grazie a misure come Quota 103, Opzione Donna, Ape Sociale e così via. I numeri e i calcoli sull'allungamento dell'età legale mostrano una realtà diversa, e questa discrepanza crea una chiara incoerenza nel sistema.

Occupazione in crescita: un respiro di sollievo per l'INPS (ma non basta)

Si guarda con estrema attenzione al fronte occupazionale, e i numeri lo dimostrano: a maggio, gli occupati sono stati stimati in 24 milioni e 301 mila unità, portando il tasso di occupazione a sfiorare il 63%, un massimo storico. Questi dati incoraggianti spingono il sistema previdenziale a registrare un maggior gettito contributivo e fiscale, prevedendo nuovi introiti nelle casse dell'INPS.

Tuttavia, questo non basta a equiparare il nostro sistema alla media europea, dove si registra un tasso di occupazione stimato intorno al 75%. La musica non è molto cambiata: non raggiungiamo ancora un livello di circa 28 milioni di occupati, cifra che rafforzerebbe in modo notevole il rapporto tra lavoratori e pensionati.

Eppure, a sentire diversi economisti, la stabilità del sistema previdenziale è strettamente legata proprio al miglioramento del tasso occupazionale, rendendo irrilevante l'aumento dell'età pensionabile ai fini della sostenibilità.

Sebbene possa sembrare utile riequilibrare il sistema, senza un massiccio incremento occupazionale se ne mina la sostenibilità nel lungo periodo.

Spesso non si è pienamente consapevoli delle priorità: l'aumento dei requisiti per l'accesso alla pensione rappresenta una significativa riduzione  dell'accesso alla pensione, cosa che il governo punta a raggiungere. 

Ma l'effetto reale sulla stabilità del sistema viene spesso sopravvalutato. Solo con stime superiori nel mercato del lavoro si prende di petto la situazione, ottenendo benefici duraturi.

Domande frequenti sulle pensioni e il mercato del lavoro

  1. Perché il rapporto tra lavoratori e pensionati è così importante per il sistema previdenziale? Il rapporto tra lavoratori e pensionati è cruciale perché il nostro sistema pensionistico si basa su un principio di solidarietà intergenerazionale: i contributi versati dai lavoratori attivi di oggi finanziano le pensioni di chi è già a riposo. Un rapporto equilibrato assicura che ci siano abbastanza entrate per coprire le uscite, garantendo la sostenibilità del sistema nel tempo.
  2. L'aumento dell'aspettativa di vita incide direttamente sull'età pensionabile? Sì, in Italia l'età pensionabile è collegata all'aspettativa di vita. Periodicamente, l'ISTAT rileva l'andamento demografico e, se l'aspettativa di vita aumenta, si rende necessario adeguare i requisiti di età per l'accesso alla pensione. Questo meccanismo mira a mantenere la sostenibilità del sistema, bilanciando il tempo in cui si versano i contributi con il periodo in cui si riceve la pensione.
  3. Se il tasso di occupazione italiano aumentasse significativamente, si potrebbe evitare l'ulteriore innalzamento dell'età pensionabile? Secondo diversi economisti, un aumento massiccio del tasso di occupazione sarebbe la soluzione più robusta per la stabilità del sistema previdenziale. Un numero maggiore di lavoratori attivi significherebbe più contributi versati all'INPS, rendendo l'innalzamento dell'età pensionabile meno determinante o addirittura irrilevante per la sostenibilità a lungo termine. In pratica, una solida crescita occupazionale potrebbe offrire benefici più duraturi rispetto ai soli adeguamenti dei requisiti di età.

 

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