Arriva finalmente l’aumento per le pensioni di invalidità. Dopo anni di attese e battaglie legali, una recente sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il divieto di integrazione al minimo, introdotto dalla Riforma Dini. Una norma che, per oltre trent’anni, ha creato un’ingiusta disparità di trattamento tra chi percepiva la pensione con il sistema contributivo puro e chi, invece, accedeva a forme assistenziali.
Questa decisione segna un punto di svolta: l’aumento dell’importo mensile fino a 630 euro sarà riconosciuto subito a molti beneficiari delle pensioni di invalidità. Un elemento importante è che l’età non sarà più un requisito vincolante per ricevere l’incremento.
Con il ritorno alla normalità nei trattamenti assistenziali si è riacceso il dibattito sugli arretrati: nonostante il riconoscimento di un diritto a lungo negato, infatti, non verranno corrisposti.
Mentre l’aumento dell’assegno di invalidità prende forma, emergono nuove questioni che lasciano l’amaro in bocca per molti beneficiari.
Per comprendere appieno gli effetti di questa sentenza, è necessario fare un passo indietro e riepilogare i principi normativi che hanno generato questa disparità di trattamento.
Il progressivo ridimensionamento dell’accesso al sistema previdenziale non è dovuto soltanto alle regole introdotte dalla Legge Fornero, ma ha avuto origine con la Legge n. 335/1995, nota come riforma Dini, che ha introdotto il sistema contributivo nel sistema previdenziale italiano, sia pubblico che privato.
L’elemento più significativo di tale riforma è il comma 16 dell’articolo 1, che ha introdotto il divieto di integrazione al trattamento minimo per i lavoratori in regime contributivo puro, ovvero coloro che hanno iniziato ad accumulare anzianità contributiva a partire dal 1° gennaio 1996.
Di conseguenza, questi lavoratori sono stati penalizzati non solo da un calcolo pensionistico spesso più basso, ma anche dalla mancata integrazione al minimo, a differenza di chi rientra nel regime retributivo o misto.
Con la sentenza n. 94/2025, pubblicata il 3 luglio 2025, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale proprio questo divieto. Come riportato da money.it, si tratta questa decisione apre finalmente la strada a un'integrazione al minimo anche per i pensionati invalidi "contributivi puri". Grazie a questa pronuncia, le pensioni di invalidità saranno integrate al minimo, che nel 2025 corrisponde a circa 603,39 euro mensili.
Oltre all'integrazione derivante dalla sentenza, è importante considerare l'ordinaria rivalutazione annuale delle pensioni.
Come reso noto dalla Circolare INPS n. 23 del 28 gennaio 2025, le pensioni e le prestazioni assistenziali riceveranno un ulteriore incremento del +2,2% per il 2025 (e un +1,3% per il 2026). Questo aumento si applica all'importo complessivo della pensione, se dovuto, come parte della perequazione che mira a compensare l'inflazione e a mantenere il potere d'acquisto.
Per accedere alla pensione di invalidità civile, il richiedente deve:
È fondamentale sottolineare che l'accesso a questa prestazione richiede l'accertamento del requisito sanitario, che può essere richiesto anche senza visita diretta e questionario WHODAS 2.0.
Va però sottolineato che l’aumento riguarda solo chi percepisce la pensione di invalidità, anche se calcolata con il sistema contributivo puro.
Chi riceve invece una pensione "normale" ma bassa non vedrà alcun aumento, perché la modifica normativa riguarda esclusivamente le pensioni di invalidità, non tutte le pensioni.
La Corte Costituzionale ha motivato la sua decisione sottolineando che negare l’integrazione al minimo alle pensioni di invalidità nel regime contributivo è ingiusto.
Si tratta, infatti, di prestazioni assistenziali con una chiara funzione sociale, volte a sostenere chi si trova in condizione di bisogno a causa della propria invalidità.
Non si è invece pronunciata sulle altre pensioni – come quelle di vecchiaia o anticipata – che hanno natura diversa, essendo strettamente legate ai contributi effettivamente versati e non alla condizione di bisogno dell’individuo.