18 Jul, 2025 - 15:13

Carceri, muore detenuto a Prato: ipotesi omicidio. Il Governo lancia task force contro l’emergenza

Carceri, muore detenuto a Prato: ipotesi omicidio. Il Governo lancia task force contro l’emergenza

Un'altra morte nelle carceri italiane. All’interno dell’istituto penitenziario La Dogaia di Prato, un detenuto di 58 anni, di nazionalità romena, è stato trovato privo di vita nella sezione di isolamento, dove si trovava per una sanzione disciplinare. Nei giorni precedenti, l’uomo avrebbe preso parte a una rivolta interna munito di armi rudimentali. A dare la notizia della morte è stata la Procura di Prato, che ha disposto l’autopsia sul corpo e sta esaminando le immagini delle telecamere di sorveglianza. Le cause del decesso restano da chiarire: non si esclude infatti che si tratti non dell’ennesimo suicidio, ma di un possibile omicidio.

La morte del detenuto si aggiunge a un bilancio sempre più drammatico, che restituisce l’immagine di una crisi profonda del sistema carcerario italiano: dall’inizio dell’anno, 41 detenuti si sono tolti la vita. Nel 2024 i suicidi erano stati 91 e, con questo andamento, il 2025 rischia di superare quella tragica soglia. “Un sistema allo sbando, in abbandono”, secondo Susanna Marietti, coordinatrice nazionale dell’Associazione Antigone, che commentando il caso di Prato ha denunciato il crescente ricorso all’isolamento: “Una pratica devastante”, ha detto, “che viene ormai utilizzata con grande facilità come strumento di gestione quasi ordinaria del carcere”.

La crisi delle carceri

Il “sistema allo sbando” denunciato da Susanna Marietti trova conferma nei numeri. Il sovraffollamento delle carceri italiane è infatti a livelli critici: il tasso medio è del 133%, con punte che arrivano al 186% nella Casa Circondariale di Verona e al 184% a Regina Coeli.

Alla carenza di spazi adeguati si aggiungono la mancanza di presidi per la tutela della salute – anche mentale – dei detenuti e l’assenza di percorsi concreti di reinserimento sociale. Un contesto che non solo alimenta le recidive, ma riflette un’incapacità strutturale di garantire la funzione rieducativa della pena, così come sancito dalla Costituzione.

Nordio annuncia la task force contro l'emergenza

Sul tema del sovraffollamento e delle condizioni carcerarie è intervenuto anche il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, annunciando pochi giorni fa l’insediamento di una task force che, attraverso riunioni settimanali, definirà entro settembre un piano per affrontare l’emergenza.

Secondo i dati del ministero, oltre 10mila detenuti con pena residua inferiore ai 24 mesi e privi di sanzioni disciplinari potrebbero accedere immediatamente a misure alternative alla detenzione, contribuendo così ad alleggerire la pressione sul sistema penitenziario. Resterebbero esclusi, come previsto dalla normativa vigente, i condannati per reati ostativi, tra cui quelli legati alla criminalità organizzata, al terrorismo o a reati di particolare allarme sociale.

Il piano è stato accolto con freddezza dal Garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasìa, che pur apprezzando il fatto che il ministero abbia “finalmente preso consapevolezza dell’esistenza del problema”, ha criticato i tempi annunciati. “Non si può attendere settembre – ha dichiarato – per attuare misure che sono già possibili a legislazione vigente, ma che di fatto non vengono concesse a una larga parte della popolazione detenuta”.

Sovraffollamento e suicidi: il ministro nega un legame

Nonostante il riconoscimento dell’emergenza, Nordio ha negato l’esistenza di un legame diretto tra sovraffollamento e suicidi in carcere. Ha anzi affermato che, in alcuni casi, la presenza di più detenuti nella stessa cella può rappresentare una forma di controllo contro i comportamenti autolesionistici. Una dichiarazione controversa: il punto non è la presenza di detenuti nelle celle, ma il rispetto della capienza regolamentare delle stesse, affinché questi spazi non si trasformino in luoghi invivibili dove i diritti fondamentali vengono sistematicamente violati. 

Infine, commentando lo scandalo politico-giudiziario che negli ultimi giorni ha travolto Milano, legato a episodi di corruzione nelle politiche urbanistiche, il ministro Nordio ha rivendicato l’efficacia della sua riforma sulla custodia cautelare. Ha infatti sottolineato come gli indagati — tra cui l’assessore all’Urbanistica del Pd, Giancarlo Tancredi — stiano evitando il carcere proprio grazie alla norma da lui voluta, che prevede il rinvio dell’arresto fino all’interrogatorio di garanzia.

Un dato che potrebbe apparire positivo in nome del rispetto del principio di garantismo, se non fosse inserito nel contesto drammatico del sovraffollamento carcerario e nella consapevolezza — come aveva ricordato nel dicembre scorso papa Francesco durante l’apertura della Porta Santa a Rebibbia — che a pagare il prezzo più alto della detenzione siano spesso i “pesci più piccoli”, ovvero le persone più fragili e marginali.

Il piano del Governo per le carceri

Il piano del ministero della Giustizia e del Governo, nonostante il peggioramento delle condizioni del sistema carcerario e i ripetuti appelli da parte di associazioni per la tutela dei diritti dei detenuti, dei sindacati della Polizia penitenziaria, della società civile e persino del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, prosegue lungo la linea già tracciata da mesi. Il programma, tuttavia, sembra non tenere conto di un possibile aumento della popolazione carceraria, così come denunciato da diverse associazioni di giuristi, proprio in virtù della stretta sui reati del Governo, a partire dal discusso decreto Sicurezza.

In un’intervista al Corriere della Sera, il ministro Nordio ha escluso categoricamente il ricorso a misure straordinarie come indulto o amnistia, strategie definite come “manifestazioni di debolezza dello Stato” e comunque “inutili” per affrontare concretamente il problema del sovraffollamento. Il piano del Governo, ha spiegato il ministro, punta su interventi strutturali: ampliamento dell’edilizia penitenziaria, assunzioni nella magistratura, trasferimento dei detenuti stranieri nei Paesi d’origine e accoglienza delle persone tossicodipendenti in strutture sanitarie dedicate.

L'articolo in quattro punti

  1. Un altro decesso in carcere, stavolta a Prato
    Un detenuto di 58 anni, in isolamento per motivi disciplinari, è stato trovato morto nel carcere La Dogaia di Prato. Le autorità non escludono l’ipotesi di omicidio. Il caso si aggiunge a un numero crescente di suicidi in cella.
  2. Crisi strutturale del sistema penitenziario
    Il tasso di sovraffollamento ha raggiunto livelli allarmanti, aggravato dalla mancanza di spazi, assistenza sanitaria e percorsi di reinserimento. Il carcere si conferma sempre più come un luogo di esclusione.
  3. Il piano Nordio e le reazioni critiche
    Il ministro della Giustizia ha annunciato una task force e la possibilità di misure alternative per 10.000 detenuti, ma il Garante dei detenuti del Lazio ne contesta la lentezza. La proposta esclude i condannati per reati ostativi.
  4. Dibattito politico e distanza dalla realtà penitenziaria
    Nordio nega il legame tra suicidi e sovraffollamento, suscitando polemiche. Il governo esclude misure di clemenza e punta su edilizia e rimpatri, ignorando i segnali di allarme provenienti da tutto il Paese.

 

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