Le recenti inchieste giudiziarie stanno scuotendo profondamente la politica italiana, coinvolgendo regioni strategiche come Calabria, Sicilia, Marche e Milano. Roberto Occhiuto si è dimesso in Calabria, Manlio Messina ha lasciato Fratelli d’Italia, creando tensioni nel centrodestra e il centrosinistra si ricompatta nelle Marche, ma si spacca a Milano.
Questi eventi arrivano a meno di due mesi dalle elezioni regionali, complicando ulteriormente i giochi di potere e mettendo a rischio coalizioni e candidature. La politica italiana si trova in una fase di grande incertezza e scontro, con le procure protagoniste.
Ieri è stata una giornata ad alta tensione sia in maggioranza che all’opposizione, con un susseguirsi di notizie e colpi di scena. La giornata si è aperta con gli arresti al Comune di Milano per l’inchiesta sull’urbanistica e si è conclusa con le dimissioni del presidente della Regione Calabria. Nel mezzo c’è stata la conferenza stampa di Giuseppe Conte sull’appoggio a Matteo Ricci per le regionali nelle Marche e l’uscita da Fratelli d’Italia Manlio Messina.
Con le dimissioni di Roberto Occhiuto, le regioni al voto in autunno diventano sette: insieme a Valle d’Aosta, Veneto, Toscana, Marche, Campania e Puglia ci sarà anche la Calabria del governatore dimissionario di Forza Italia, che ha già annunciato l’intenzione di ricandidarsi.
Occhiuto è attualmente coinvolto in un’inchiesta per presunta corruzione della Procura di Catanzaro. Il governatore di Forza Italia ha chiarito che la sua decisione non è legata all’indagine, bensì, all’impossibilità di continuare la sua attività di governo a causa dell’ostruzionismo in Consiglio che di fatto starebbe bloccando la realizzazione di opere strategiche per la Calabria.
Le dimissioni di Occhiuto – che devono essere formalizzate nei prossimi giorni per poi stabilire la data delle nuove elezioni – hanno catapultato la Regione in una campagna elettorale anticipata e messo in allarme le segreterie regionali e nazionali.
Nel centrodestra la partita per la scelta del candidato è già chiusa, dal momento che Occhiuto – con l’ok della premier Giorgia Meloni – ha già annunciato che si ricandiderà; nel centrosinistra, invece, è ancora da aprire e si preannuncia non meno complessa rispetto alle altre sei regioni al voto. La coalizione progressista è stata presa in contropiede e dovrà accelerare le consultazioni per individuare il candidato da contrapporre al presidente uscente.
Terremo politico anche in Sicilia dove non si vota, ma Fratelli d’Italia è comunque in subbuglio dopo la decisione del deputato Manlio Messina di lasciare il partito. Il deputato siciliano, già vice-capogruppo alla Camera, ha comunicato ieri la sua decisione di lasciare Fratelli d’Italia e di dimettersi dal gruppo parlamentare.
In Fratelli d’Italia dal 2016, eletto alla Camera nel 2022, Messina confluirà nel Gruppo Misto in attesa di decidere se continuare il mandato parlamentare o se interrompere anticipatamente l’esperienza a Montecitorio.
I rapporti con i vertici nazionali del partito hanno cominciato a deteriorarsi a seguito dei dissapori tra via della Scrofa e la federazione siciliana. Messina si era già dimesso da vice-capogruppo alla Camera dopo la decisione di Fratelli d’Italia di commissariare la federazione siciliana.
Le inchieste giudiziarie a Milano e a Pesaro hanno creato una profonda spaccatura nell’alleanza di centrosinistra. Una spaccatura che si è parzialmente ricomposta nella Regione Marche, dove il candidato governatore del Partito Democratico, Matteo Ricci ha incassato l’appoggio del Movimento 5 Stelle. Per giorni la sua candidatura è stata in bilico a causa di un avviso di garanzia da parte della Procura di Pesaro.
Ieri, nel corso di una conferenza stampa, Giuseppe Conte ha annunciato che il partito ha deciso di non ritirare l’appoggio a Ricci, come aveva minacciato di fare a seguito della notizia dell’indagine della procura marchigiana.
In diretta dalla sede del Movimento 5 Stelle https://t.co/U31Zf8YnIN
— Giuseppe Conte (@GiuseppeConteIT) July 31, 2025
Se nelle Marche il centrosinistra correrà unito – non senza mal di pancia da parte di molti al Nazareno, dove l’atteggiamento ‘giustizialista’ di Conte non è piaciuto – a Milano la frattura si fa sempre più profonda, dichiarazione dopo dichiarazione.
Ieri il leader M5S è ritornato a chiedere le dimissioni del sindaco Beppe Sala dopo la notizia degli arresti (domiciliari e non) disposti dalla Procura di Milano per sei dei 74 indagati nell’inchiesta sull’urbanistica che ha travolto Palazzo Marino. Disposti gli arresti domiciliari anche per Giancarlo Tancredi, l'ex assessore alla Rigenerazione urbana del Comune.
Nelle stesse ore, il Partito Democratico, rinnovava la fiducia al sindaco Sala.