Giusi Bartolozzi è una delle figure più discusse e rilevanti del panorama politico-giudiziario italiano del 2025. Nota sia per la sua lunga carriera nella magistratura che per il suo recente ruolo come capo di gabinetto del ministero della Giustizia, la sua presenza al centro del cosiddetto “caso Almasri” l’ha portata sotto i riflettori del dibattito pubblico e mediatico nazionale.
Giuseppa Lara Bartolozzi, detta Giusi, nasce a Gela il 18 dicembre 1969, da una famiglia di origini toscane. Durante l’infanzia e l’adolescenza frequenta il liceo classico Eschilo di Gela e trascorre parte dei suoi anni giovanili a Licata, luogo d’origine della madre. Si trasferisce poi a Roma, dove si laurea con il massimo dei voti in Giurisprudenza presso la LUISS Guido Carli e si specializza in diritto commerciale presso il CERADI della stessa università.
Giusi Bartolozzi vive tra la Sicilia e Roma con il suo compagno storico, Gaetano Armao, avvocato, professore universitario e già vicepresidente della Regione siciliana. La coppia ha un figlio, Luigi. I due condividono un forte legame sia personale che professionale, che li ha condotti spesso a collaborare all’interno dei rispettivi ambiti istituzionali. La vicinanza di Armao alla politica regionale e alla giustizia ha indirettamente favorito l’avvicinamento di Bartolozzi agli ambienti politici nazionali.
Laureata in Giurisprudenza, Bartolozzi diventa avvocata nel 1996 e supera il concorso in magistratura solo tre anni dopo. Inizia la sua carriera di giudice nel 2002 presso il Tribunale di Gela, impegnata su casi di diritto civile, penale, fallimentare e familiare. Successivamente si trasferisce al Tribunale di Palermo e, nel 2013, entra nella Corte d’appello di Roma. Durante il percorso conosce Silvio Berlusconi grazie anche alla posizione politica del marito, e viene candidata da Forza Italia alle elezioni del 2018, risultando eletta deputata e diventando tra le figure di primo piano della Commissione Giustizia e della Commissione parlamentare antimafia.
Il passaggio dalla magistratura alla politica è segnato da alcune frizioni con il suo partito: dopo circa un anno e mezzo lascia Forza Italia per il Gruppo Misto e non si ricandida nel 2022. Nel 2024 viene nominata capo di gabinetto del Ministero della Giustizia sotto Carlo Nordio, dove si guadagna rapidamente la fama di “zarina di via Arenula”, tanto da essere considerata il vero ministro-ombra, protagonista di riforme delicate e di un clima ministeriale spesso agitato.
Nel 2025, il nome di Giusi Bartolozzi finisce al centro della bufera giudiziaria e politica conosciuta come “caso Almasri”. Il caso esplode dopo l’arresto in Italia di Osama Najeem Almasri, generale libico ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Arrestato dalla Digos in un hotel torinese, Almasri viene liberato e rimpatriato a Tripoli su un volo di Stato italiano, provocando la richiesta di autorizzazione a procedere della magistratura nei confronti dei vertici del governo: il Ministro della Giustizia Carlo Nordio, il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il Sottosegretario Alfredo Mantovano.
Il coinvolgimento di Giusi Bartolozzi nasce dalle sue funzioni di capo di gabinetto al ministero della Giustizia. Secondo le ricostruzioni, Bartolozzi, informata dal Dipartimento affari di giustizia, avrebbe avuto un ruolo chiave nell’esame e nella gestione della pratica su Almasri, in un contesto di comunicazioni interne in cui vengono suggeriti l’adozione di sistemi di messaggistica criptata e la valutazione della legittimità dell’arresto.
La vicenda porta la stampa e l’opposizione a chiedere chiarimenti e dimissioni, mentre la magistratura e il Parlamento sono chiamati a valutare la correttezza delle condotte di tutti i soggetti coinvolti. Bartolozzi, sostenuta dal ministro Nordio, continua a dichiarare la piena correttezza del suo operato, ribadendo di aver agito con trasparenza e nel rispetto delle procedure.