Le scene che si sono consumate all’aeroporto Ronchi dei Legionari di Trieste il venerdì di Ferragosto, sono la perfetta fotografia di un’Italia che, quando si parla di trasporti aerei, riesce a sprofondare sempre un po’ più in basso.
A raccontarci la sua disavventura è un passeggero che preferisce rimanere anonimo. Protagonista, in negativo neanche a dirlo, è Ita Airways, la compagnia che avrebbe dovuto segnare un cambiamento nel settore, ma che in questa storia si conferma una “Alitalia col trucco”.
Tutto comincia con una situazione che gli italiani conoscono fin troppo bene: un volo Trieste-Roma cancellato senza spiegazione, una decisione che sembra diventata routine nei cieli del Bel Paese.
Ma non finisce qui. “Nella stessa giornata è stato cancellato anche il Trieste-Roma delle 19:00 – racconta il passeggero –. Due soli voli su Roma cancellati in poche ore, un delirio pazzesco senza nessuno che ci dava informazioni”.
La gestione dei passeggeri è da manuale della sciagura: nessuno sa nulla, le informazioni rimbalzano, la tensione sale e nessuno sembra essere in grado di prendere una decisione.
Quello che dovrebbe essere un imprevisto gestito con competenza e un minimo di umanità, diventa una notte infinita di attese e silenzi.
La compagnia propone inizialmente la “riprotezione” sul volo delle 19 del giorno successivo. Poi cambia idea e decide per il volo delle 6:35 del mattino. Il passeggero, ex lavoratore nel settore aereo per vent’anni, non nasconde la sua incredulità: “Le povere dipendenti dell’aeroporto Ronchi dei Legionari di Trieste non sapevano cosa dirci”.
L’impotenza del personale è palpabile, vittima a sua volta di un’azienda che sembra aver abbandonato non solo i propri clienti ma anche i propri dipendenti.
Poi arriva la chicca: attorno alle 18:00, tra una comunicazione confusa e l’altra, la soluzione proposta da Ita Airways ha il sapore di una beffa: “Ci riproteggeranno, arriveranno dei pullman che ci condurranno, come dei deportati, in un albergo a Udine”.
Non solo il disagio di dover arrivare a più di un’ora di viaggio dall’aeroporto, ma anche la sensazione di essere trattati come merce da spostare, senza alcuna attenzione o rispetto per le persone.
“In pullman dall’aeroporto di Trieste a Udine ci vuole non meno di un’ora”, la voce del passeggero si carica di amarezza.
Ma il peggio, come spesso accade, si realizza poco dopo. La partenza del volo è alle 6:35, dunque chi deve prendere l’aereo deve essere in aeroporto almeno alle 5:30. La partenza da Udine, quindi, non può che essere alle 4:00 del mattino.
“Una cosa comoda”, ironizza amaramente il protagonista di questa tragicommedia. E come se non bastasse, al danno si aggiunge la beffa economica.
“Alla fine siamo stati costretti a prenderci un albergo a Monfalcone a nostre spese, con un taxi a nostre spese. Non c’erano taxi, non c’erano auto negli autonoleggi”. Nessun rimborso, nessuna assistenza reale: solo frasi di circostanza e la consapevolezza di essere stati abbandonati nel caos più totale.
"Ita non rimborserà nulla": frase ormai di rito che viene pronunciata dalla stessa dipendente dell’aeroporto, quasi a voler sottolineare quanto la compagnia sia distante dai bisogni dei suoi clienti.
Il passeggero conclude con una riflessione: “Avendo lavorato per oltre 10 anni in una compagnia aerea e altri 10 nel settore, cose del genere non le avevo mai viste”.
Questa disavventura non è un semplice incidente di percorso, ma il segno di una gestione fallimentare, di una compagnia che non sa affrontare le difficoltà e che scarica sui suoi clienti tutta la propria inefficienza.
Quando la mattina del giorno successivo i passeggeri proveranno a partire per Roma, sicuramente saranno animati dalla speranza che tutto vada per il meglio. Ma il dubbio rimane: con Ita Airways, ogni giorno può essere una roulette russa, e i passeggeri sono sempre dalla parte sbagliata della sorte.