Il governo si appresta a varare una riforma delle pensioni che segnerà una svolta rispetto agli anni passati: addio a Quota 103, rivoluzione sul Tfr e nuove regole per la pensione anticipata. Il dibattito è acceso e coinvolge anche la platea politica, con le dichiarazioni di Claudio Durigon e il botta e risposta tra Antonio Tajani e il ministro Giorgetti su liquidazione e ruolo delle banche.
La grande novità annunciata dalla Legge di Bilancio 2025 è il superamento di Quota 103, il sistema che consentiva di andare in pensione anticipata a 62 anni con almeno 41 anni di contributi. Il governo punta infatti a introdurre un nuovo requisito: Quota 89, con uscita a partire da 64 anni di età e 25 anni di contribuzione, destinati a diventare 30 anni dal 2030. Le nuove soglie intendono rendere il sistema più sostenibile e flessibile, favorendo la permanenza al lavoro, ma anche l’accesso agevolato per chi utilizza i fondi di previdenza complementare.
La proroga di Opzione Donna e Ape Sociale resta confermata, sebbene decurtate rispetto al passato, mentre il bonus Maroni continuerà a incentivare chi sceglie di prolungare la permanenza in servizio dopo aver maturato i requisiti per la pensione anticipata. Le nuove regole mutano anche i coefficienti di trasformazione, con l’effetto di abbassare gli assegni futuri e penalizzare le uscite precoci.
Il tema del Tfr, ovvero il trattamento di fine rapporto, diventa centrale nella strategia del sottosegretario all’Economia Claudio Durigon. L’idea è rendere la liquidazione dei dipendenti pubblici e privati un supporto diretto alla previdenza, consentendo il trasferimento volontario del Tfr all’Inps o in fondi pensione integrativi. Secondo Durigon, questa misura rafforzerebbe l’importo dell’assegno pensionistico e renderebbe il sistema più equo, offrendo una nuova soluzione per aumentare la prestazione futura anche a chi ha carriere discontinue o ha aderito tardi alla previdenza complementare.
La discussione è in corso: tra i nodi da sciogliere, la compatibilità con le norme europee sulla portabilità del Tfr, la gestione delle risorse presso l’Inps e la necessità di incentivare la previdenza integrativa in modo strutturale.
La riforma prevede una maggiore integrazione tra previdenza pubblica e complementare e l’aumento graduale dei requisiti, con importanti ricadute per giovani, lavoratrici, lavoratori con carriere atipiche e persone in condizioni di fragilità. Restano ancora incerte le tempistiche e i dettagli operativi, ma la direzione è chiara: pensioni più tarde, assegni contributivi rivalutati e un ruolo sempre più centrale della liquidazione, che il governo vuole trasformare in una risorsa strategica per l’intero sistema previdenziale italiano.