Il 2026 si annuncia come un anno di svolta positiva per pensionati e lavoratori italiani, complici una serie di misure che promettono aumenti significativi sia agli stipendi sia agli assegni pensionistici. Questi interventi, legati all’adeguamento all’inflazione, ai rinnovi dei contratti e a una nuova politica fiscale, coinvolgeranno milioni di cittadini: ecco chi ne beneficerà e perché.
Dal gennaio 2026 le pensioni verranno rivalutate secondo il tasso d’inflazione registrato nell’anno precedente, con un incremento previsto tra lo 0,8% e l’1,8%, in base agli scenari elaborati dall’Istat e dal governo. Il meccanismo, noto come perequazione, assicura che il potere d’acquisto dei pensionati rimanga stabile nel tempo. L’incremento sarà distribuito su tre fasce:
Le pensioni minime potrebbero passare dagli attuali 538,20 euro mensili a circa 547,60 euro, secondo le ipotesi di crescita, offrendo un sostegno concreto alle fasce più vulnerabili. Anche le pensioni d’invalidità e le sociali saranno incrementate.
La legge di Bilancio 2026 prevede diverse misure per l’aumento degli stipendi. In particolare, il governo Meloni sta valutando una detassazione sugli aumenti derivanti dai rinnovi dei contratti collettivi: a parità di cifra lorda, i lavoratori potranno ricevere una percentuale maggiore come netto. Per esempio, con un aumento contrattuale di 100 euro lordi al mese oggi restano circa 65 euro netti, ma con la nuova fiscalità potrebbero arrivare nelle tasche dei dipendenti fino a 95 euro, quasi il totale.
Il pubblico impiego e diversi settori privati, che attendono da anni i rinnovi contrattuali, sono i principali beneficiari. Oltre agli incentivi fiscali, è prevista l’adozione di un meccanismo automatico: se entro 24 mesi dalla scadenza il contratto non sarà rinnovato, scatterà la rivalutazione annuale degli stipendi in base all’indice europeo dei prezzi, con un tetto massimo del 5%. Un modo per tutelare i lavoratori contro l’erosione del salario dovuta all’inflazione.
Un’altra novità importante riguarda il taglio dell’Irpef per il ceto medio, riducendo l’aliquota dal 35% al 33% e innalzando la soglia massima a 60mila euro di reddito. Questo intervento, che costa circa 4 miliardi di euro alla manovra finanziaria, alleggerirà il carico fiscale su numerosi lavoratori dipendenti e pensionati, lasciando più soldi disponibili ogni mese.
Altre misure in discussione sono la rottamazione delle cartelle esattoriali e il rinvio dell’aumento automatico dell’età pensionabile, previsto dalla legge Fornero, che il governo intende spostare almeno al 2027. Questi interventi mirano a favorire il reddito disponibile delle famiglie e ad accompagnare in modo meno traumatico la transizione verso la pensione.
Le nuove regole danno particolare attenzione ai settori ad alto rischio e ai lavoratori gravosi, prevedendo requisiti più favorevoli per l’accesso alla pensione. La flessibilità di uscita dal lavoro viene rafforzata: si potrà andare in pensione anche a 64 anni con alcune modalità, grazie a nuove quote (Quota 41, Quota 103, Opzione Donna, APE Sociale), con minimi aumentati e una maggiore tutela per tutti.
L’incremento delle pensioni e degli stipendi riguarda sia il pubblico che il privato, dagli operai alle insegnanti, dagli impiegati agli autonomi, includendo in particolare: