Se il centrodestra in vista delle elezioni regionali ha un problema non indifferente - specialmente in Veneto, dove la coalizione deve affrontare la fase post-Zaia e non ha ancora trovato un accordo sul nome da proporre agli elettori - la Lega sembra avere un problema ancora più grande: Roberto Vannacci. La conferma arriva da un post pubblicato ieri dal generale, ora europarlamentare della Lega, sui suoi canali social.
Polemicamente, Vannacci ha replicato a quelle che ha definito “voci e pseudo-testimonianze” che, secondo lui, “sconnettendosi dal cervello e dalla realtà”, avrebbero suggerito che lui non rappresenti un valore aggiunto per la Lega in Veneto. Evidentemente infastidito, il generale ha mostrato il numero di preferenze raccolte nella sola regione, appena un anno fa, alle elezioni europee: oltre 72.000 voti, “più del triplo del secondo veneto classificato”.
Un messaggio sufficientemente chiaro: la Lega non pensi di fare a meno di Vannacci sul territorio veneto.
Dalla pubblicazione del suo libro Il mondo al contrario, l’ex generale Roberto Vannacci ha saputo attirare su di sé un’attenzione mediatica che in breve tempo si è tradotta in un consenso elettorale difficile da ignorare. Candidato nelle fila della Lega, seppur da indipendente, Vannacci ha portato in dote al partito guidato da Salvini, alle europee del giugno 2024, un pacchetto di oltre 500.000 voti, venendo eletto europarlamentare.
In questo anno, la crescita del consenso attorno alla sua figura non si è arrestata: sempre più richiesto dai giornali e dai talk show, in Italia si contano attualmente 150 “club Vannacci”, che promuovono l’immagine del generale come leader. Un leader non necessariamente in antitesi con Matteo Salvini, ma comunque alternativo. Dopo averlo nominato vicesegretario della Lega nel maggio scorso, il ministro dei Trasporti dovrebbe iniziare a preoccuparsi?
A giudicare dal post pubblicato ieri da Vannacci, forse sì. Le parole dell’ex generale sembrano segnare con precisione la volontà di rispondere pubblicamente a timori diffusi tra i militanti storici, soprattutto nella delicata fase che la Lega sta attraversando in Veneto. Nella regione storica per il progetto leghista, il partito deve ora affrontare la successione di Zaia, la cui poltrona è rivendicata da Fratelli d’Italia in un braccio di ferro che va avanti da mesi.
Perché Vannacci ha voluto rivendicare apertamente il proprio peso elettorale? Forse per rivendicare quella “vannaccizzazione” della Lega che sta preoccupando sempre di più i dirigenti storici del partito veneto, memori di un periodo storico, quello dell’indipendentismo padano, ormai destinato a non tornare.
Il consenso crescente attorno al generale Roberto Vannacci sembra destinato a cambiare gli equilibri interni alla Lega non solo in Veneto, ma anche in altre regioni. Un esempio è la Toscana, dove Salvini ha affidato proprio all’ex generale il ruolo di coordinare la campagna elettorale in vista del voto del 12 e 13 ottobre.
Negli ultimi giorni si sono registrate scintille con Susanna Ceccardi, ex candidata presidente della Lega alle regionali del 2020. La tensione riguarda le liste da presentare: il generale spinge infatti per un listino bloccato che garantisca l’elezione di candidati scelti dalla dirigenza, sistema a cui Ceccardi si è opposta, temendo che possa penalizzare le realtà territoriali. In una chat interna, l’ex eurodeputata avrebbe scritto: “Noi i nostri li chiamiamo militanti, non truppe. E nessuno riceve ordini”.
Il caso Ceccardi è allora solo l’ultimo segnale di un contrasto che rivela come l’avanzata di Vannacci stia ridefinendo la fisionomia della Lega, spesso a spese di dirigenti storici e di quelle consuetudini che hanno segnato l’identità del partito.