03 Sep, 2025 - 12:15

L’ambasciatore USA alla NATO avverte l’Italia sul Ponte sullo Stretto. Ecco cosa ha risposto il MIT

L’ambasciatore USA alla NATO avverte l’Italia sul Ponte sullo Stretto. Ecco cosa ha risposto il MIT

Le spese per la costruzione del Ponte sullo Stretto non possono essere considerate spese militari ai fini NATO. A chiarirlo è stato l’ambasciatore statunitense presso l’Alleanza, Matthew Whitaker, in un’intervista riportata da Bloomberg. “Gli Stati Uniti non approvano contabilità creative da parte degli alleati europei”, ha dichiarato, sottolineando che gli Stati membri devono raggiungere l’obiettivo del 5% del Pil destinato alla difesa tramite investimenti effettivi, perseguendo l’impegno assunto lo scorso giugno “con fermezza”.

Secondo Whitaker, “alcuni Paesi stanno adottando una visione molto ampia” del concetto di spesa militare. Tra questi, l’Italia, che negli ultimi mesi aveva ipotizzato di includere i costi della costruzione del Ponte sullo Stretto tra le voci utili a raggiungere il target fissato dalla NATO.

L'ipotesi è stata smentita mattina dal Ministero dei Trasporti: “Il Ponte sullo Stretto è già interamente finanziato con risorse statali e non sono previsti fondi destinati alla Difesa”.

Le pressioni USA e il nuovo obiettivo NATO del 5%

Al vertice NATO del 24 e 25 giugno, i Paesi membri hanno concordato, su forte pressione statunitense, di aumentare gli investimenti nella difesa fino a una quota pari al 5% del Pil annuo. Un incremento significativo, seppur diluito in un arco temporale di dieci anni, che ha suscitato ampio dibattito. L’Italia, ad esempio, è riuscita con non poche difficoltà in questi anni a garantire il 2% del Pil alle spese militari, una condizione condivisa da diversi altri membri dell’Alleanza.

La richiesta perentoria di Donald Trump, accompagnata dalla minaccia di un disimpegno statunitense dall’Alleanza, ha però spinto i Paesi NATO ad accettare l’accelerazione, anche in considerazione dell’aumento delle minacce globali alla sicurezza, rappresentate in Europa soprattutto dalla guerra in Ucraina.

Per rendere più sostenibile l’impegno, i leader NATO hanno deciso di suddividere l’aumento in due capitoli di spesa: il 3,5% del Pil destinato direttamente alla difesa militare - armamenti e personale - e l’1,5% per la più ampia voce ‘sicurezza’, comprendente cybersecurity, innovazione tecnologica, rafforzamento industriale e infrastrutture strategiche, fondamentali in caso di conflitto.

L’Italia e l’ipotesi di inserire il Ponte nelle spese NATO

Ecco allora l’idea, in passato vagliata anche dal Ministero della Difesa: includere le spese per il Ponte sullo Stretto tra gli investimenti per la sicurezza. 

L’ipotesi era stata parzialmente confermata dal sottosegretario all’Interno, Emanuele Prisco, per delega del Ministero della Difesa, durante la seduta della Camera del 4 luglio scorso, in occasione di un’interpellanza presentata da Angelo Bonelli (AVS).

Secondo il Governo, la spesa per il Ponte sarebbe stata coerente con le linee guida NATO, trattandosi di un’infrastruttura stabile di attraversamento già inclusa nella rete trans-europea dei trasporti (TEN-T), in particolare lungo il corridoio Scandinavo-Mediterraneo.

La risposta, tuttavia, era stata giudicata insufficiente da Bonelli, che aveva evidenziato le differenze tra un’opera a scopi civili e una a scopi militari, osservando che una riprogettazione in chiave difensiva trasformerebbe il Ponte stesso in un potenziale obiettivo militare.

La replica del MIT: Ponte finanziato con fondi statali

L’eventualità di utilizzare fondi NATO per la costruzione del Ponte è stata definitivamente smentita questa mattina. Alle parole dell’ambasciatore statunitense presso l’Alleanza, Matthew Whitaker, che aveva messo in guardia l’Italia dal conteggiare le spese per l’infrastruttura tra le voci utili a raggiungere l’aumento del 5% del Pil, ha replicato il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con una nota ufficiale:

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“Il Ponte sullo Stretto è già interamente finanziato con risorse statali e non sono previsti fondi destinati alla Difesa. Al momento, l’eventuale utilizzo di risorse NATO non è all’ordine del giorno e – soprattutto – non è una necessità irrinunciabile. L’opera non è in discussione”.

 

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