E’ passato tempo, ma tutti ricordiamo la trionfale espressione dell’allora leader M5S Di Maio quando la sera del 27 settembre 2018, a reti unificate affermò “abbiamo sconfitto la povertà” dal balcone di Palazzo Chigi. Era la sera in cui si approvò il Def, che sanciva ufficialmente la nascita del Reddito di Cittadinanza.
Il reddito di cittadinanza è stato una misura giusta realizzata in modo pessimo. Nato infatti come strumento per sostenere alcune fasce deboli e inserire o reinserire nel lavoro le persone abili, si è invece rivelato un mero strumento assistenzialistico costato miliardi senza risolvere alcun reale problema.
Anzi: secondo il rapporto Istat citato sul sito del Ministero del Lavoro “…la quota delle famiglie in condizioni di povertà assoluta che hanno beneficiato delle prestazioni di sostegno al reddito raggiunge il massimo del 38% nel corso del 2021 (32,3% nel 2022), per una quota equivalente al 58,7% dei beneficiari delle misure (53,4% nel 2022). Queste stime evidenziano la mancata partecipazione di un rilevante numero di famiglie povere, che deriva in parte dai criteri normativi…”, cioè solo una parte dei veri poveri ha avuto accesso al Rdc.
Le infrastrutture informatiche e tecniche che avrebbero dovuto essere la spina dorsale del sistema, mettendo in rete tutti gli uffici del lavoro per gestire in modo rapido l’incrocio tra l’offerta e la domanda di lavoro, non sono mai state realmente completate. Abbiamo assistito alla fallimentare esperienza dei Navigator, che avrebbero dovuto accompagnare i disoccupati verso un lavoro che però non è mai esistito. La conseguenza? 2.980 persone impiegate senza alcuna possibilità di espletare il proprio compito, che dal 2019 al 2023 sono costati alle tasche dei cittadini italiani oltre 85 milioni di euro.
Per non parlare delle migliaia di truffe, quelle scoperte, avvenute a causa degli errori compiuti in sede di redazione della Legge, sui controlli da effettuare, risultati carenti e facilmente aggirabili. La conseguenza? 665 milioni di euro, sempre dei cittadini italiani, finiti nelle tasche di 62.000 persone che non ne avevano alcun diritto.
Perché furono compiuti tanti errori nello stilare la Legge? Probabilmente per colpa delle elezioni. Infatti, per massimizzare il risultato già straordinario ottenuto alle politiche, il Reddito di cittadinanza promesso doveva essere realizzato, a ogni costo, prima della tornata elettorale della primavera 2019, in cui si votava per le Europee e le amministrative. Obiettivo comunque raggiunto: la prima mensilità del Rdc arrivò ai percettori nel mese di aprile 2019, e nel mese di maggio successivo si svolsero le elezioni europee vinte a mani basse dal M5S.
Ora, a ridosso delle elezioni regionali, il tema che sembrava ormai tramontato riprende visibilità: lo ha già anticipato il candidato alla Regione Campania Roberto Fico proponendolo come punto del proprio programma, suscitando le immediate ire di Vincenzo De Luca che ha stoppato l’ipotesi: “Aiuto alla povera gente, ma nessuna demagogia e porcheria clientelare perché le politiche sociali messe in piedi dalla Regione Campania sono all’avanguardia”.
Dato il successo elettorale ottenuto con il Rdc, specie nelle regioni del Sud, il M5S tenta quindi di replicare l’operazione di comunicazione mirando alle fasce più deboli con l’offerta più allettante che possa esserci: soldi.
Tenendo presente il fatto che le misure di assistenza esistono già (ovviamente tutto è migliorabile avendo i fondi) sia a livello nazionale con l’Assegno di Inclusione e misure similari, sia con ulteriori sussidi garantiti in varie forme e servizi dalle Regioni e in parte dai Comuni, che logica avrebbe il Rdc in salsa campana se non un intento propagandistico e clientelare? Il reddito, così come era formulato e per le criticità evidenziate, non era sostenibile per il bilancio dello Stato, perché si era rivelato una spesa senza alcun ritorno in termini di occupazione e rioccupazione, che erano tra gli obiettivi primari dello strumento.
De Luca, ancora dopo l’ufficializzazione della candidatura, ha attaccato Fico ed il Pd, criticando il metodo: l’impegno delle parti sarebbe stato quello di concordare prima il programma e poi il candidato, mentre Pd e M5s hanno giocato d’anticipo ribaltando l’ordine delle operazioni.
Il dato triste è che la Campania meriterebbe un serio programma di sviluppo più che di insostenibili misure assistenziali, bisognerebbe proprio invertire il modo di pensare.
Sarà interessante seguire gli sviluppi della vicenda, quando si arriverà alla redazione del Programma. Fico proverà a inserire misure come la chiusura del termovalorizzatore di Acerra e un Reddito di cittadinanza regionale, temi su cui De Luca è assolutamente contrario. La partita politica è appena iniziata.