09 Sep, 2025 - 14:35

Ucraina, le parole di Vendola sulla Nato che mettono in difficoltà il Pd: cosa ha detto?

Ucraina, le parole di Vendola sulla Nato che mettono in difficoltà il Pd: cosa ha detto?

Anni di provocazioni della Nato, leggi contro le minoranze russofone e manovre militari contro Mosca. L'ex presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, ha espresso le sue perplessità sul sostegno all'Ucraina di Volodymyr Zelensky nel corso del suo intervento alla Festa dell'Unità regionale in Puglia di quest'anno. Le parole del presidente di Sinistra Italiana hanno destato non poco scalpore sui social.

Vendola ha infatti attribuito le colpe della guerra in Ucraina alle strategie militari della Nato, che subito dopo la caduta del blocco sovietico avrebbe progressivamente accerchiato i territori russi e messo in atto manovre sempre più provocatorie nei confronti di Mosca. Non è mancata una gaffe: il presidente di SI ha parlato di “minoranze russofobe” invece che di “minoranze russofone”. Un errore ripreso anche dal fondatore di Azione, Carlo Calenda, che ha criticato il discorso di Vendola paragonandolo a quelli dei comunisti durante l’invasione dell’Ungheria nel 1956.

E ora? L’intervento di Vendola è passato in sordina durante la lunga kermesse dem, ma ha comunque messo in imbarazzo il Partito Democratico. All’interno del campo largo ci sono infatti forze contrarie in toto alla guerra in Ucraina (Avs e M5s) e altre, come Italia Viva e +Europa, che si dichiarano favorevoli al sostegno a Kiev. E il Pd? Sebbene prevalga la linea dell’appoggio all’Ucraina, il partito appare spaccato.

Cosa ha detto Vendola sulla guerra in Ucraina?

Il riarmo e il conflitto in Ucraina continuano a dividere il centrosinistra. Ne è una dimostrazione il discorso del presidente di Sinistra Italiana ed ex governatore della Puglia, Nichi Vendola, che dal palco della Festa dell’Unità di Bisceglie ha puntato il dito contro la Nato, accusandola di aver provocato la guerra con i suoi atteggiamenti. Nel breve intervento, l’ex governatore pugliese ha sostenuto che, oltre alle manovre dell’Alleanza Atlantica, anche il presidente ucraino Zelensky abbia contribuito allo scoppio del conflitto.

Secondo Vendola, Kiev avrebbe proibito l’uso della lingua russa alle “minoranze russofobe” (lapsus dell’ex governatore, che intendeva dire “russofone”). Una notizia, questa, priva di fondamento: Zelensky non avrebbe mai vietato l’utilizzo del russo nel Donbass.

L’attacco di Calenda a Vendola

Non poteva mancare il commento di Carlo Calenda. Il fondatore di Azione, che qualche mese fa si è sfilato dal campo largo proprio per la mancanza di una posizione unitaria e decisa a favore di Kiev — avvicinandosi solo in parte al governo Meloni, pur restando forza centrista — non ha risparmiato critiche a Vendola, definendolo “ignorante” per il lapsus sulle “minoranze russofone”.

Dopo aver contestato la forma, Calenda è passato ai contenuti, tracciando un parallelismo con le giustificazioni comuniste all’invasione dell’Ungheria nel 1956. La differenza? Secondo lui, l’ipocrisia del Partito Comunista Italiano era la stessa, ma “espressa meglio”. Il leader di Azione non è stato l’unico a biasimare Vendola: diversi attivisti pro-Kiev e utenti sui social hanno giudicato inopportuno il suo discorso.

La guerra in Ucraina resta un tema divisivo

Va sottolineato come il centrosinistra resti spaccato sul tema della guerra in Ucraina. Da una parte, Italia Viva e +Europa insistono sulla necessità di sostenere Kiev per contrastare l’avanzata russa e rafforzare la posizione di Zelensky al tavolo delle trattative. Di tutt’altro avviso Avs e M5s, che ritengono preferibile una soluzione diplomatica e non un ulteriore invio di armi o truppe, che rischierebbe di aggravare un conflitto già deleterio per l’Europa.

E il Pd? I dem restano divisi. Da un lato, c’è chi sostiene l’importanza di continuare ad aiutare Kiev; dall’altro, non mancano gli esponenti che, dopo oltre tre anni e mezzo di guerra, invocano un cambio di rotta e una soluzione diversa. Divisioni che si erano già manifestate a marzo durante il voto sul ReArm Europe.

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