La guerra in Medio Oriente continua a scuotere la politica internazionale e a impattare sulla maggioranza di governo in Italia. A Strasburgo, il Parlamento ha approvato una risoluzione che non ha valore vincolante, ma che segna comunque un punto politico importante. Dentro ci sono passaggi inediti: la possibilità di riconoscere lo Stato palestinese, la condanna al blocco degli aiuti, sanzioni contro ministri israeliani e coloni accusati di violenze. Un testo duro, che descrive una crisi arrivata ormai al limite della sopportazione.
Arrivarci non è stato semplice. I gruppi che sostengono la Commissione von der Leyen hanno negoziato a lungo. Sono state limate frasi troppo divisive, tolto il riferimento al genocidio, archiviato l’emendamento che avrebbe respinto l’idea stessa di riconoscere la Palestina. Alla fine il testo è passato, ma il voto ha mostrato ancora una volta quanto l’Europa sia lontana dall’avere una linea unica sul Medio Oriente.
In Italia, l’eco del voto si è fatta sentire subito. Forza Italia ha votato a favore, la Lega contro, Fratelli d’Italia ha scelto l’astensione. Sembrava una spaccatura, ma il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha minimizzato la vicenda. Ha spiegato che la politica estera resta unitaria e guidata insieme al presidente del Consiglio, e che le differenze emerse a Strasburgo non cambiano l’impostazione complessiva del governo.
Il cuore della risoluzione è l’invito agli Stati membri a valutare il riconoscimento della Palestina. Per l’Europarlamento questo è il passo necessario per rendere possibile la soluzione dei due popoli e due Stati. Il governo italiano guarda con prudenza a questa prospettiva. L’esecutivo ribadisce di credere nella coesistenza tra israeliani e palestinesi, ma considera rischioso un riconoscimento unilaterale.
Tajani ha fatto capire che, per Roma, il processo di pace non può nascere da gesti simbolici che rischiano di incrinare i rapporti con Israele, partner ritenuto indispensabile per la stabilità dell’area. Le opposizioni hanno invece salutato con favore l’apertura di Strasburgo. Secondo i progressisti, il riconoscimento dello Stato palestinese è un atto dovuto e il solo modo per uscire dallo stallo che dura da anni.
Inoltre il governo ha risposto all'interpellanza del co portavoce di Avs, Angelo Bonelli, in merito alla collaborazione militare ribadendo che l’Italia promuove il cessate il fuoco, sostiene il popolo palestinese con aiuti concreti e accoglienza, lavora per la pace e mantiene canali diplomatici aperti.
La risoluzione cita per nome i ministri Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir, figure dell’estrema destra israeliana accusate di fomentare violenze. Bruxelles chiede sanzioni nei loro confronti e contro i coloni responsabili di attacchi in Cisgiordania. Viene anche suggerita la sospensione parziale degli accordi di associazione con Israele.
Su questo terreno, Roma mantiene una posizione più bilanciata. Da un lato, il governo ha condannato apertamente il blocco degli aiuti, considerandolo inaccettabile e causa diretta della carestia che ha colpito il nord di Gaza. Dall’altro, ha evitato di rompere con Israele, insistendo sul fatto che il dialogo resta l’unico strumento utile a costruire una soluzione. La priorità, secondo la Farnesina, resta permettere l’arrivo immediato e massiccio degli aiuti umanitari.
Le opposizioni, al contrario, accusano l’esecutivo di timidezza. Per loro non basta denunciare: servono scelte nette, anche a costo di incrinare i rapporti con Tel Aviv.
Stando al testo europeo, Israele ha il diritto di difendersi dagli attacchi di Hamas. Tuttavia questo diritto non può tradursi in bombardamenti indiscriminati, che hanno già provocato migliaia di vittime civili, molti dei quali bambini.
Il governo italiano condivide l’impostazione. Tajani ha spiegato che l’Italia sostiene Israele nella lotta al terrorismo, ma chiede anche che il rispetto del diritto internazionale e la tutela dei civili siano messi al centro. Serve un cessate il fuoco immediato e duraturo, capace di restituire spazio alla diplomazia.
Le opposizioni, invece, sostengono che la sproporzione dell’azione militare israeliana non possa essere giustificata in alcun modo, e chiedono che l’Italia adotti toni più netti, senza bilanciamenti che finiscono per indebolire la condanna.