16 Sep, 2025 - 14:55

Tajani evoca l'omicidio Calabresi, la replica del figlio Mario: "Paragone fuorviante e fuori luogo"

Tajani evoca l'omicidio Calabresi, la replica del figlio Mario: "Paragone fuorviante e fuori luogo"

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani è tornato a ribadire la necessità di ridurre il clima d’odio e di abbassare i toni dello scontro politico, richiamando alla memoria la campagna diffamatoria che nel 1972 portò all’omicidio, da parte di Lotta Continua, del commissario Luigi Calabresi.

Si può contestare politicamente un governo, ma accusarlo di essere complice di reati gravissimi è scorretto e pericoloso” ha dichiarato Tajani. “Occorre prestare attenzione ad aizzare l’opinione pubblica, perché non è detto che un eventuale atto criminale provenga da un militante politico. Non siamo al livello delle Brigate Rosse – ha aggiunto, richiamando le parole del ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani – “ma bisogna ricordare come Lotta Continua avviò la campagna contro il commissario Calabresi”.

Parole che, anziché contribuire a distendere il clima, hanno gettato ulteriore benzina sul fuoco dello scontro politico.

Le reazioni alle parole di Tajani

Le reazioni politiche, in un clima già infuocato, non si sono fatte infatti attendere. Raffaella Paita, capogruppo al Senato di Italia Viva, ha stigmatizzato con forza le parole di Tajani: “Dopo Ciriani, che ha paragonato Italia Viva alle Brigate Rosse, il vicepremier evoca l’omicidio Calabresi. Delle due l’una: o sono incapaci o sono irresponsabili”. 

Sulla stessa linea anche Dario Parrini, senatore del Partito Democratico, che ha accusato Tajani di essersi distinto con “un’evocazione irresponsabile” nel “gioco pericoloso della maggioranza”, che approfitta “dell’esecrabile omicidio Kirk negli Stati Uniti per seminare zizzania, creare tensioni e demonizzare gli avversari politici in Italia”.

La replica di Mario Calabresi, figlio del commissario ucciso

Soprattutto, le parole di Tajani sono state stigmatizzate, in una lettera inviata a Repubblica, da Mario Calabresi, scrittore e giornalista, figlio del commissario assassinato dal terrorismo di sinistra.

La mia famiglia ha pagato un prezzo terribile per la violenza della sinistra extraparlamentare e questo mi spinge a essere sempre vigile di fronte alle derive violente, anche solo verbali” ha ricordato Calabresi, ammonendo tuttavia contro la strumentalizzazione delle vicende “del decennio più difficile e tragico della storia italiana”.

Fare paragoni tra quella stagione e l’Italia di oggi è fuorviante e fuori luogo” ha scritto ancora Calabresi, “le vittime degli Anni di piombo non possono essere sfruttate, come si sta facendo in queste ore, per ragioni di campagna elettorale”.

La violenza è stata di sinistra e di destra, di matrice comunista e fascista” ha poi concluso il giornalista. “Chi occupa posizioni di responsabilità e guida le istituzioni dovrebbe fare molta attenzione a raccontare tutta la Storia, a fare i conti con il passato e a utilizzare con accortezza le parole”.

L’omicidio del commissario Calabresi

Nominato commissario capo dell’Ufficio politico della Questura di Milano negli Anni di piombo, Calabresi fu incaricato delle indagini sulla strage di Piazza Fontana, uno dei più sanguinosi attentati della storia repubblicana, che il 12 dicembre 1969 provocò 17 morti e 88 feriti.

Seguendo la pista anarchica, Calabresi dispose il fermo dell’anarchico Giuseppe Pinelli. Durante la detenzione, durata oltre 48 ore, Pinelli precipitò da una finestra della Questura e morì. Pur sostenendo gli inquirenti che si fosse trattato di un suicidio, le forze extraparlamentari e parte della stampa accusarono le forze dell’ordine, e in particolare Calabresi, di averlo ucciso.

La chiusura del caso giudiziario, che certificò il malore e la caduta accidentale, innescò però una campagna stampa e politica contro Calabresi, definito il “commissario defenestratore”.

Calabresi fu ucciso tre anni dopo, il 17 maggio 1972, da un commando di due persone. Solo nel 1988 le indagini ebbero una svolta, accertando il coinvolgimento dei militanti di Lotta Continua, formazione extraparlamentare di estrema sinistra: furono arrestati Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani, ex dirigenti del movimento, come mandanti dell’omicidio, e Ovidio Bompressi e Leonardo Marino, ex aderenti alla stessa organizzazione, come esecutori. Le loro condanne furono poi confermate in Cassazione.

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