Arriva l'ok da parte della Commissione Affari Sociali del Senato al ddl che delega il Governo a intervenire sulla retribuzione dei lavoratori. Il testo è stato approvato tramite il voto sul mandato al relatore. Tuttavia, le proposte di modifica rispetto al testo arrivato dalla Camera sono state respinte. Alla Camera, il ddl presentato dalle opposizioni, che prevedeva misure per introdurre il salario minimo, è stato modificato trasformandolo in una delega al governo sulla retribuzione dei lavoratori e sulla contrattazione collettiva, accompagnata da una delega per i controlli. Una mossa che, secondo diversi esponenti del centrosinistra, avrebbe completamente snaturato il testo originale.
Il provvedimento ora è in calendario per essere votato a Palazzo Madama tra la giornata di oggi, 17 settembre 2025, o in alternativa domani. Il ddl è stato già approvato alla Camera nel mese di dicembre 2023 e per due anni è stato uno dei cavalli di battaglia del centrosinistra, che insiste, in contrapposizione con il governo, per l'introduzione di un salario minimo per i lavoratori. La bocciatura dei 18 emendamenti, tuttavia, ha un impatto sulla natura e sullo scopo del testo.
L'opposizione non si perde d'animo e promette di portare avanti una propria battaglia sul salario minimo nei prossimi mesi. In due note separate, il Partito Democratico e il Movimento Cinque Stelle hanno commentato il lavoro della Commissione Affari Sociali di Palazzo Madama. Sulla vicenda è intervenuto anche il senatore di Alleanza Verdi Sinistra, Tito Magni.
Dopo quasi due anni, il ddl sul salario minimo arriva in Aula, ma tutte le proposte di modifica rispetto al testo arrivato alla Camera sono state respinte. La bocciatura dei 18 emendamenti cambia in maniera quasi radicale lo scopo del testo, che potrebbe essere votato tra la giornata di oggi, 17 settembre, e quella di domani da Palazzo Madama.
Alla base della proposta c'è la volontà di introdurre un salario minimo a tutela di almeno tre milioni e mezzo di lavoratori con un minimo contrattuale inferiore a nove euro lordi all’ora. Tuttavia, la legge delega del governo è finita subito sotto accusa da parte dell'opposizione: Pd, M5S e Avs hanno ribadito che il testo è stato trasformato in uno strumento di propaganda.
A intervenire per primi sono le senatrici del Partito Democratico. Susanna Camusso, Sandra Zampa e Ylenia Zambito, componenti Pd della Commissione Affari Sociali di Palazzo Madama, hanno detto che il testo che arriverà in Senato è ormai privo del suo vero significato e a questo hanno contribuito le bocciature dei diciotto emendamenti presentati dall'opposizione, che avrebbero potuto dare un altro senso alla normativa, definita nella nota come "inutile e dannosa".
In Commissione, specificano le tre esponenti dem, si è votato contro il mandato al relatore e in Aula saranno ripresentati gli emendamenti. La nota si conclude con un monito nei confronti del centrodestra:
Neanche il Movimento Cinque Stelle ha accettato le decisioni della Commissione sulla retribuzione dei lavoratori. In una nota, i senatori del M5S in decima commissione, Mariolina Castellone, Barbara Guidolin e Orfeo Mazzella, hanno puntato il dito contro il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, per la bocciatura di tutti gli emendamenti presentati dal M5S e dalle altre opposizioni per modificare l’inutile e dannoso ddl delega in materia di retribuzione dei lavoratori.
Le proposte puntavano a reinserire nel testo l’introduzione di un salario minimo a 9 euro l’ora, eliminata alla Camera dai partiti di governo:
Infine, il senatore di Avs, Tito Magni, tra i principali promotori del salario minimo nel centrosinistra, ha accusato il centrodestra di prendere in giro i lavoratori:
In passato, Meloni aveva anche aperto all'ipotesi di introdurre il salario minimo.