Giuseppe Salvatore Riina è tornato a parlare del padre, il boss mafioso Totò Riina, capo di Cosa nostra dal 1982 al 1993, condannato a 26 ergastoli. Lo ha fatto durante il podcast Lo Sperone, ospite di Gioacchino Gargano.
Ancora una volta, il figlio del boss ha colto l’occasione per rivendicare il nome del padre, arrivando a negare il coinvolgimento di Riina nella morte del piccolo Giuseppe Di Matteo, sciolto nell’acido da Cosa nostra dopo quasi due anni di prigionia.
L’intervista ha immediatamente attirato l’attenzione, non solo per le teorie proposte da Riina jr, ma anche e soprattutto per la gestione dei conduttori che, anziché fornire un contraddittorio, hanno di fatto lasciato il figlio del boss libero di raccontare le verità a lui più comode.
“Ognuno sceglie le memorie da onorare”, ha commentato Valentina Chinnici, deputata all’Assemblea regionale siciliana (Ars). “Noi siamo la terra di Piersanti Mattarella, di Pio La Torre, di Padre Puglisi. L’unica cosa che posso ricordare di Totò Riina è che il 15 gennaio 1993 fu arrestato, e gran parte dei siciliani tirò un sospiro di sollievo”.
In un’ora e venti di intervista, il figlio di Riina – condannato a otto anni per associazione mafiosa – ha ripercorso diversi episodi chiave della storia della mafia siciliana, dall’omicidio di Giuseppe Di Matteo all’attentato a Giovanni Falcone che, a suo dire, “quando l’hanno ammazzato non dava più fastidio alla mafia o a Totò Riina, ma ad altri dietro le quinte”.
Una rilettura, questa, non solo non contestata dai conduttori, Gioacchino Gargano e Luca Ferrito, ma per la quale Riina jr ha addirittura ricevuto il plauso in studio, in quello che molti hanno definito uno spettacolo indegno trasmesso in nome della “libertà di parola”.
Nessuna puntualizzazione dai conduttori del podcast, né interventi mentre il figlio di Riina attacca l’antimafia, definendola un “carrozzone composto da gente che ha bisogno di stare sotto i riflettori”.
Nello spazio concessogli, Riina jr ha potuto dipingere come ha voluto l’immagine di suo padre, descritto come vittima di un contesto povero che, con le sue azioni, avrebbe voluto combattere le ingiustizie della società. Ecco perché, secondo lui, Totò Riina sarebbe stato arrestato: perché “dava fastidio al sistema”, così come “hanno dato fastidio Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro”, che da malati “non servivano più a quelli che detenevano veramente il denaro della mafia”.
Ben si comprende, allora, come dalla pubblicazione della puntata su YouTube, i canali social del podcast siano stati inondati di polemiche.
Alle critiche, uno dei conduttori, Gioacchino Gargano, ha risposto tramite le storie su Instagram: “L’obiettivo del mio podcast è farsi una chiacchierata leggera sul racconto di Giuseppe Salvatore Riina, ed è ovvio che quella è e rimane la sua versione”. Una chiacchierata “leggera” sulla storia di uno dei boss mafiosi più spietati della Sicilia, responsabile di omicidi di magistrati, giornalisti e cittadini innocenti, autore di una stagione di violenza e terrore che ha segnato profondamente la regione e l’Italia.
“A tutto dovrebbe esserci un limite”, ha commentato Valentina Chinnici, deputata siciliana del Pd. “Dare spazio in un podcast a chi inneggia a un mafioso significa usare strumenti di propaganda che penetrano nell’immaginario dei nostri adolescenti”, ha spiegato, ricordando il suo ruolo di insegnante oltre che di deputata.
“Gli insegnanti, in tutta Italia ma soprattutto in Sicilia, cercano di educare alla legalità e ai valori, e soprattutto di tenere viva la memoria delle centinaia di migliaia di vittime, che rischiano altrimenti di essere dimenticate”.
“Purtroppo – ha aggiunto Valentina Chinnici – ci sono persone che remano contro. Non ci siamo ancora liberati della mafia, soprattutto a livello culturale.
Per questo le scuole svolgono un ruolo fondamentale: l’altro ieri, all’inaugurazione dell’anno del liceo classico a Palermo, la preside ha citato Padre Puglisi nel giorno del suo compleanno e dell’anniversario del suo assassinio. Questo è il calendario della memoria che noi portiamo avanti. Noi siamo la terra di Piersanti Mattarella, di Pio La Torre, di Padre Puglisi”.