29 Sep, 2025 - 20:24

Il delirante piano di Trump e Netanyahu per Gaza: ecco cosa prevede

Il delirante piano di Trump e Netanyahu per Gaza: ecco cosa prevede

Il nuovo piano di Donald Trump per Gaza, presentato come una svolta "storica", sta facendo discutere osservatori e governi di tutto il mondo.

Le sue previsioni, raccolte in un documento di 21 punti, promettono di mettere fine alla guerra tra Israele e Gaza, aprendo una fase di ricostruzione e ridefinizione degli equilibri geopolitici nella regione.

Ma i contenuti e le implicazioni pratiche del progetto hanno già scatenato forti polemiche, tra accuse di utopia, rischi di destabilizzazione e pesanti dubbi sulla sua reale fattibilità.

I pilastri del piano: cessate il fuoco e ostaggi

Il cuore della proposta ruota attorno a un cessate il fuoco immediato, subordinato a uno scambio di ostaggi: Hamas dovrebbe liberare entro 48 ore tutti gli israeliani ancora detenuti a Gaza, vivi o morti, mentre Israele si impegnerebbe a rilasciare centinaia di prigionieri palestinesi e ad avviare una graduale ritirata delle truppe dalla Striscia.

Solo dopo questo passaggio, secondo il testo, sarebbe possibile avviare un percorso di ricostruzione economica e sociale per Gaza, con la creazione di una zona "priva di terrorismo e radicalizzazione".

Addio a Hamas, via libera a una forza internazionale

Uno dei punti più controversi riguarda il futuro governo della Striscia: secondo il piano, Hamas dovrebbe essere esclusa da qualsiasi ruolo nel nuovo assetto politico. Peccato che sia la stessa Hamas a dover accettare questo piano affinché possa concretizzarsi.

Il controllo e la sicurezza sarebbero affidati temporaneamente a una forza internazionale composta da Paesi arabi e da una missione di stabilizzazione finanziata dagli Stati Uniti.

Questo elemento riprende e radicalizza una proposta già avanzata dall’ex premier britannico Tony Blair, ma ora emerge con toni ancor più decisi.

Incentivi (e pressioni) su chi vive a Gaza

Uno degli aspetti più esplosivi riguarda la questione demografica: a differenza degli annunci iniziali dello stesso Trump, il piano definitivo afferma che "nessuno sarà costretto a lasciare Gaza", ma chi deciderà di partire avrà possibilità di rientro in futuro.

Nondimeno, le condizioni concrete e i reali margini di scelta per la popolazione restano poco chiari, mentre la bozza prevede incentivi economici e supporto umanitario per chi resta nella Striscia.

In parallelo, viene escluso ogni diritto di ritorno per i profughi palestinesi esterni.

Prospettiva di Stato palestinese (ma senza tempi certi)

Per la prima volta, almeno sulla carta, il piano si dice "aperto alla prospettiva di uno Stato palestinese".

Questo avverrebbe solo al termine di una lunga transizione, sotto rigida supervisione internazionale, e subordinando tutti i passaggi a condizioni di stabilità e "deradicalizzazione".

Israele si impegnerebbe formalmente a non annettere la Cisgiordania. Tuttavia, la mancanza di una road map concreta e l’opposizione storica di larga parte dell’establishment israeliano a ogni concreta forma di sovranità palestinese lasciano molti scettici sulla reale volontà di rispettare tale impegno.

Reazioni internazionali e dubbi sulla fattibilità

Il piano è stato accolto con entusiasmo dal premier israeliano Netanyahu, mentre Hamas ha dichiarato di non aver ricevuto alcun documento ufficiale e resta estremamente critica sull’esclusione politica e la questione degli ostaggi.

Anche molti Paesi arabi, pur pronti a discutere una soluzione internazionale, vedono con grande preoccupazione le ambiguità sul destino dei residenti di Gaza e sulla governance futura della Striscia.

E se Hamas, come è probabile non dovesse accettare queste condizioni? Trump ha detto chiaramente che Netanyahu avrebbe via libera per continuare la sua opera, ovvero il genocidio del popolo palestinese.

Da “Riviera del Medio Oriente” a distopia?

Trump, fedele alla sua retorica, parla di una futura "Riviera del Medio Oriente".

Gli investimenti previsti, secondo lui, potrebbero trasformare Gaza in una terra di turismo, industria e stabilità, ma le macerie di oltre due anni di guerra e le colossali tensioni sociali rendono questa prospettiva più simile al sogno di un mitomane che ad una concreta possibilità.

 

 

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