30 Sep, 2025 - 15:00

Elezioni Marche, il campo largo é già campo santo?

Elezioni Marche, il campo largo é già campo santo?

Doveva essere l'Ohio d'Italia, la Regione decisiva dalla quale sarebbe partito il collasso del governo Meloni e la vittoria più importante del campo largo.

Invece, le Marche sono rimaste - senza neanche troppi consensi - al governatore di centrodestra, Francesco Acquaroli, riconfermato a fronte di metà della popolazione avente diritto al voto che non si è recata alle urne.

Una sconfitta resa ancora più grande da questo dato che parla chiaro: il centrosinistra, che ha scelto Ricci, non è riuscito a parlare a tanti indecisi che avrebbero volentieri fatto a meno della riconferma del presidente di Regione.

L'ammissione della sconfitta c'è, anche la promessa però di ripartire al meglio con le prossime elezioni regionali che riguarderanno Puglia, Campania e Toscana dove il centrosinistra è consapevole di poter vincere.

Si parla un po' meno di Calabria e Veneto che proprio in questo momento potrebbero essere argomenti scomodi visto cosa dicono i numeri.

Oltre a evitare argomenti spinosi, si cambia anche retorica: se la volpe non arriva all'uva, dice che è acerba e allo stesso modo se il centrosinistra non vince, quella Regione perde automaticamente di valore passando da Ohio d'Italia a sconfitta da accettare.

Le Marche, sebbene i primi sondaggi di giugno consegnassero una realtà già abbastanza definita, erano diventate un campo dove si sarebbe giocata una partita - a dire del centrosinistra - decisiva.

Una condizione abbondantemente smentita dalla maggioranza che ha preferito dire che le Regionali non avrebbero intaccato il governo.

La retorica sulle Marche: cosa è successo

Per mesi si è parlato delle Marche come l’“Ohio d’Italia”, la regione chiave che avrebbe potuto decidere le sorti delle elezioni regionali.

Alla fine, però, i numeri hanno sfatato questa narrazione. Francesco Acquaroli e il centrodestra hanno confermato il loro ruolo, con percentuali di consenso tra il 51% e il 52%, mentre Matteo Ricci e il centrosinistra si fermano attorno al 45%.

Non solo: l’astensione al 50%, quasi dieci punti in meno rispetto a cinque anni fa, racconta più di ogni statistica l’indifferenza di molti cittadini verso le grandi narrazioni politiche.

La regione non è più il laboratorio decisivo che qualcuno dipingeva, ma uno specchio della realtà: i marchigiani scelgono secondo le loro priorità e non per seguire mode o etichette nazionali.

Il centrosinistra: buone intenzioni, risultati fragili

La sconfitta di Ricci mostra quanto il centrosinistra fatichi a trasformare l’impegno in risultati concreti. Pur avendo alle spalle una coalizione ampia, risorse e campagne intensive, la distanza dal centrodestra è rimasta significativa.

Le parole di Ricci sul “200% dato” e sulla generosità dimostrata evidenziano uno sforzo personale reale, ma la politica non si misura solo con l’impegno.

Mancano progetti chiari, radicamento nei territori e capacità di parlare al cittadino comune: il “campo largo” resta una strategia teoricamente valida, ma finisce per apparire spesso come una rete vuota se non accompagna proposte credibili.

I marchigiani hanno scelto la continuità non per fedeltà a un partito, ma perché hanno trovato nel centrodestra una proposta più concreta e vicina alle loro esigenze quotidiane.

La continuità del centrodestra

Il trionfo di Acquaroli non è solo una vittoria elettorale, ma la conferma che coesione e leadership chiara contano più di slogan e manifesti.

Il centrodestra ha saputo parlare di temi concreti, dalla sanità alle emergenze territoriali, guadagnandosi la fiducia di chi cerca risposte più che parole.

Le Marche non sono più una regione decisiva come l’“Ohio d’Italia”, ma il loro voto offre uno specchio interessante: un elettorato che premia chiarezza, radicamento e concretezza.

Per il centrosinistra, il messaggio è chiaro: non bastano alleanze e proclami; serve un dialogo reale con la società, contenuti tangibili e una presenza radicata che vada oltre la campagna elettorale.

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