Il piano in 20 punti annunciato da Donald Trump per porre fine alla guerra a Gaza è stato subito accolto dal premier israeliano Benjamin Netanyahu. Ma dietro la facciata diplomatica, l’iniziativa sembra offrire più opportunità politiche a Netanyahu che reali prospettive di pace. Il leader israeliano appare pronto a sfruttare la proposta americana come trampolino in vista delle prossime sfide interne ed elettorali.
Il premier israeliano ha accettato la proposta di Trump. Sebbene i media mainstream indichino che la palla sia ora nelle mani di Hamas, la questione è più complessa. Sia in caso di risposta positiva che negativa, il premier israeliano porta avanti la sua battaglia politica e sembra destinato a uscire vincente in entrambi gli scenari.
Dal punto di vista tecnico, il “sì” annunciato da Netanyahu dopo l’incontro con Trump non garantisce l’approvazione diretta di Israele alla proposta. Il primo ministro dovrà ottenere il via libera del gabinetto, compresi i membri di estrema destra del suo governo.
I ministri dell’ultradestra israeliana hanno più volte espresso il loro sostegno alle operazioni militari e all’occupazione definitiva della Striscia di Gaza.
È utile ricordare che, quando le parti hanno raggiunto un accordo di cessate il fuoco nel mese di gennaio, i membri dell’estrema destra del governo si erano opposti ad un’intesa con Hamas, rallentando così l’approvazione definitiva. Successivamente, il ministro della Sicurezza nazionale ha lasciato il governo, salvo poi rientrare con il lancio di nuove operazioni militari nell’enclave.
Ad oggi, i componenti dell’ultradestra fungono da strumento essenziale per mantenere in piedi la coalizione e, di conseguenza, il futuro politico di Netanyahu. Non è certo che venga data un’approvazione unanime o rapida alla nuova proposta.
Dall’altro lato, Netanyahu potrebbe dare per scontato che ci siano poche possibilità di attuazione del piano o che non manchino vie di fuga.
Il premier israeliano ha già avvertito che, se Hamas rifiuterà l’accordo o fingerà di accettarlo per poi ostacolarlo, Israele è pronto a “finire il lavoro da solo”.
In questo modo, indipendentemente dalla risposta di Hamas, Netanyahu ha delineato una linea rossa che potrebbe servire anche a convincere i suoi alleati. Allo stesso tempo, ha dimostrato la sua alleanza con il presidente americano, guadagnando a sua volta un importante capitale politico.
In ogni caso, Netanyahu sembra essersi messo nelle condizioni di ottenere spazio di manovra mentre si prepara alle elezioni previste per ottobre 2026, senza perdere il sostegno del prezioso alleato Trump né mettere in pericolo il suo governo.
Netanyahu gioca una partita politica delicata, bilanciando il sostegno all’alleato americano con la necessità di contenere le divisioni interne e guadagnare tempo in vista delle elezioni. Così, il piano Trump si presenta come un trampolino di lancio politico per il premier israeliano, più che come una soluzione definitiva al conflitto nella Striscia di Gaza.
Il piano Trump per Gaza non rappresenta solo un tentativo di mediazione ma anche una pedina nella complessa partita politica di Netanyahu. Che Hamas accetti o rifiuti, il premier israeliano sembra aver già predisposto le condizioni per trarre vantaggio in ogni scenario: consolidare l’alleanza con Trump, mantenere la coesione della sua coalizione e prepararsi alle elezioni del 2026.