La crisi tra Stati Uniti e Venezuela si intensifica: l’ordine di stato di emergenza firmato da Nicolas Maduro riflette il timore crescente di un conflitto nei Caraibi. Lo scontro rischia di aprire uno scenario di escalation senza precedenti.
Una nuova ondata di escalation preoccupa i Caraibi. Il presidente venezuelano, Nicolas Maduro, ha firmato, il 29 settembre 2025, un decreto che proclama lo stato di emergenza nazionale in risposta alla crescente minaccia di tensione con gli Stati Uniti.
Il decreto rimarrà in vigore per 90 giorni dopo essere promulgato e pubblicato nella gazzetta ufficiale e potrebbe essere rinnovato per altri 90 giorni. A confermarlo è stata la vicepresidente Delcy Rodríguez, la quale ha dichiarato che questo stato di emergenza sarebbe stato attivato in caso di attacco da parte delle forze americane.
La dichiarazione dello stato di emergenza consente la mobilitazione delle forze armate in tutto il paese e trasferisce all'esercito venezuelano l'autorità sui servizi pubblici e sul vitale settore petrolifero del paese. Ma perché Caracas ha lanciato l’allarme?
Nel mese di agosto, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato il dispiegamento di navi da guerra nei Caraibi meridionali nei pressi della costa venezuelana.
Washington ha precisato che la missione era volta a combattere il traffico di droga, tuttavia Caracas ritiene che la mossa sia finalizzata a un cambio di regime.
Gli Stati Uniti accusano Nicolas Maduro di coinvolgimento nel narcotraffico e hanno raddoppiato la ricompensa per l'arresto del presidente venezuelano a 50 milioni di dollari. Il leader venezuelano respinge fermamente le accuse di Washington.
Nelle ultime settimane il presidente americano ha annunciato attacchi mortali contro le imbarcazioni sospettate di trasportare narcotici illegali nelle acque caraibiche nell’ambito della lotta contro i cartelli della droga. Gli attacchi statunitensi hanno ucciso 17 persone. Al momento non ci sono conferme verificabili che gli obiettivi fossero criminali.
Dopo il primo attacco navale, il presidente venezuelano ha tentato di cercare di fermare l’escalation scrivendo una lettera al suo omologo statunitense. Maduro ha negato il suo coinvolgimento nel traffico di droga e ha offerto di avviare colloqui. La Casa Bianca ha successivamente dichiarato che "la posizione dell'amministrazione sul Venezuela non è cambiata".
Una presa di posizione che lascia intendere come Washington non abbia alcuna intenzione di modificare la propria linea dura nei confronti di Maduro, confermando che le accuse di narcotraffico e le pressioni per un cambio di regime restano al centro della strategia americana.
La mossa di Maduro arriva pochi giorni dopo una rivelazione di NBC News che, citando quattro fonti, ha pubblicato un articolo in esclusiva secondo cui funzionari militari americani stanno preparando opzioni per ulteriori attacchi contro i narcotrafficanti all'interno dei confini del Venezuela.
Secondo quanto riferito, i piani non sono stati ancora approvati ma si concentrerebbero sugli attacchi mirati contro i laboratori di droga, i leader e i membri dei gruppi narcotrafficanti. Una mossa del genere segnerebbe un’escalation senza precedenti nei confronti di Caracas.
Il braccio di ferro tra Caracas e Washington sembra destinato a proseguire, sospeso tra accuse, avvertimenti e dimostrazioni di forza. Se i piani americani dovessero trasformarsi in operazioni concrete, il rischio è quello di un conflitto diretto che travolgerebbe l’intera regione caraibica, aprendo una nuova pagina di tensioni internazionali.