Una storia straziante, come purtroppo tante altre avvenute durante il periodo Covid: il marito, ricoverato in una RSA, che si aggrava e muore, senza che la moglie riesca a stargli accanto.
La donna, Rosa Anna Z., otterrà un risarcimento, come stabilito dal Tribunale di Novara. Una sentenza storica, grazie alla quale è stata introdotta e riconosciuta la risarcibilità del danno da "mancato commiato”.
La vicenda risale al mese di gennaio del 2021, quando alla signora Rosa Anna venne impedito di trascorrere con il marito Pietro, ricoverato in una RSA a Novara, i suoi ultimi istanti di vita.
Secondo la sentenza del Tribunale, riportata dall'AGI, la RSA dovrà versare un risarcimento di cinquemila euro.
La motivazione? "Avere negato quel momento essenziale per l’elaborazione del lutto che è il passaggio, per certi versi formale, di addio”.
Il giudice ha infatti riconosciuto un "danno da commiato".
Nelle motivazioni della sentenza, il giudice civile Giuseppe Siciliano ha spiegato in cosa consiste il "danno da commiato".
Secondo il magistrato, nel caso dei due coniugi di Novara, si è verificato un eccesso di potere da parte dei responsabili della RSA in cui era ricoverato il marito.
Il loro comportamento, "in generale plausibile in forza di un potere conferito dalle norme allora vigenti", è stato esercitato in modo "non del tutto corretto".
Diventando con tutta probabilità "un eccesso di prudenza ma comunque un eccesso". La signora, inoltre, è stata avvisata della morte ormai imminente del consorte "con troppo ritardo".
si legge ancora sulle carte della sentenza.
Se è risarcibile il danno da vacanza rovinata, ha poi evidenziato il giudice Siciliano, allora non c'è motivo per non trattare allo stesso modo "il danno da sofferenza per non avere potuto stare vicino al proprio coniuge al momento della morte di quest’ultimo”.
Il 20 gennaio 2021, la donna venne a conoscenza di un peggioramento piuttosto drastico delle condizioni del marito dal direttore sanitario.
La signora implorò di poter entrare, come le era già stato concesso altre due volte in precedenza, ma non ottenne alcuna risposta alle sue richieste via mail.
Alle 14:12 venne infine avvisata dalla caposala della morte ormai imminente del coniuge ed esortata a raggiungere la struttura il prima possibile.
Alle 14,30 circa, arrivata presso la RSA, il marito era ormai deceduto. Invitata comunque a salire per un ultimo saluto alla salma del coniuge, la signora scelse di non farlo, ritenendolo "tragicamente vano".
Infatti, come a conoscenza di tutto il personale della struttura con cui erano entrati in contatto, marito e moglie erano entrambi non credenti, senza figli e senza parenti, prossimi o con cui avessero legami affettivi.
Convinti che ci sia un'esistenza ultraterrena dopo la morte, e che i rapporti finiscano con il decesso, è stato ancora più doloroso per la signora Rosa Anna non poter stare accanto al marito.
Con lui aveva condiviso cinquant'anni di vita familiare e lavorativa. Il divieto di accesso alla struttura aveva quindi causato, sottolinea il giudice,