Una banale caduta dal monopattino. È iniziato così il calvario di Elisabetta Federico, per tutti "Lisa", una ragazza di 17 anni morta il 3 novembre 2020 dopo un trapianto di midollo osseo effettuato all'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.
"Citopenia refrattaria dell'adolescenza o dell'infanzia" è la diagnosi che la ragazza aveva ricevuto solo pochi mesi prima. Un brutto livido, conseguenza della caduta, aveva infatti richiesto maggiori accertamenti, dando così origine a una catena di eventi che purtroppo l'avrebbero portata al decesso.
La vicenda, che va avanti da quattro anni nelle aule dei tribunali, potrebbe ora arrivare a una nuova svolta: quella che i genitori di Lisa, Margherita Eichberg e Maurizio Federico, attendono da tempo.
Lisa è una ragazza nel fiore degli anni. Un'adolescente che, come tante altre, esce con le amiche, ha il fidanzatino, pubblica video su TikTok.
Alcuni filmati sono ancora visibili: la mostrano mentre balla sorridente, insieme alle amiche.
La sua infanzia, però, era stata diversa da quella dei suoi coetanei. L'aveva trascorsa in Ucraina, in orfanotrofio, insieme al fratello Bogdan: erano stati portati nella struttura da piccolissimi.
Nel 2009 entrambi arrivano in Italia, adottati da Maurizio Federico, biologo, dirigente di ricerca del Centro per la salute globale presso l’Istituto Superiore di Sanità, e Margherita Eichberg, Soprintendente all’Archeologia e Belle arti per l’area metropolitana di Roma, Viterbo e l’Etruria meridionale.
Una famiglia unita, felice, fino al giorno in cui iniziano le analisi, le visite e i ricoveri in ospedale.
"La citopenia refrattaria dell'adolescenza o dell'infanzia è un disordine ematologico che, nel caso di Lisa, comportava una diminuzione nella produzione delle piastrine" spiega il padre Maurizio Federico.
Non c'erano altri fattori particolarmente avversi, non nel breve termine; tuttavia la patologia andava trattata.
"La letteratura riporta che nei casi come quelli di Elisabetta, cioè di soggetti che non hanno mutazioni genetiche, la malattia può evolvere in una patologia oncologica nell'intervallo di due o tre anni, ma in maniera graduale. In tutte le malattie si interviene prima con gli interventi meno invasivi; poi, se non funzionano, si va avanti con altro".
I medici del Bambino Gesù, invece, decidono di sottoporre Lisa a un trapianto di midollo: "Nonostante lei stesse bene e non ci fosse alcuna urgenza" racconta il padre.
Elisabetta viene ricoverata in ospedale, in piena estate, trascorrendo ben 52 giorni all'interno del Bambino Gesù per avere una diagnosi.
Maurizio Federico esprime il rammarico per non aver messo in discussione la scelta del trapianto.
"Purtroppo, quando ci si ritrova in una situazione del genere, non si ha la lucidità. Io per mestiere faccio il biologo, quindi sapevo di cosa si stesse parlando" sottolinea.
"Abbiamo firmato per il trapianto al midollo osseo e, nei 52 giorni del primo ricovero — praticamente ingiustificato perché Lisa stava benissimo— l'hanno tenuta a letto trattandola con un antibiotico potentissimo. Questo farmaco si chiama Tazocin e, come avremmo scoperto poi, le aveva compromesso gravemente il microbiota".
Un dettaglio fondamentale perché, nel corso del secondo ricovero, programmato per poter effettuare il trapianto, "tra il condizionamento farmacologico (necessario prima dell'infusione, ndr) e il microbiota azzerato, Lisa prende un'infezione ospedaliera" spiega Maurizio Federico.
Il classico "batterio nosocomiale, resistente agli antibiotici", che le ha provocato una polmonite, poi rivelatasi fatale.
Il 16 ottobre 2020 Lisa viene sottoposta al trapianto: giorni prima il Bambino Gesù aveva avvisato la famiglia di aver trovato un donatore "totalmente compatibile".
Ciò che emerge in seguito è che la donatrice è una donna tedesca di 45 anni, quindi più vecchia e anche più magra di Lisa. Il midollo risulta povero di cellule staminali e il suo gruppo sanguigno è diverso rispetto a quello della ragazza: quindi i globuli rossi sono incompatibili.
Per evitare l'emolisi (ossia la distruzione dei globuli rossi, che si verifica in questi casi), la 17enne viene sottoposta a una procedura chiamata plasmaferesi: l'obiettivo è 'pulire il sangue' ed eliminare gli anticorpi contro il gruppo sanguigno della donatrice.
Lisa fa una sola seduta: non è abbastanza. Dopo pochi minuti dall'infusione del midollo osseo, come il padre e la madre raccontano, inizia a urlare per il dolore. Grida strazianti, durate ore, con dolori che l'accompagneranno fino al decesso.
"La mattina dopo il trapianto lei ha già i polmoni opachi. Però i medici decidono di seguire un approccio 'empirico', ossia di somministrare antibiotici senza identificare il batterio che sta causando la polmonite. Arrivano a sette antibiotici e nessuno funziona".
Le condizioni della giovane, intanto, peggiorano rapidamente: viene ricoverata in Rianimazione. Il trapianto, inoltre, è fallito. Lisa muore nella notte tra il 2 e il 3 novembre 2020.
"Ciò che fa più rabbia è che se avessero isolato il germe, le avrebbero somministrato il giusto antibiotico per il batterio 'pseudomonas aeruginosa MDR', quello che l'ha accompagnata alla morte" sottolinea il papà.
"Abbiamo fatto la denuncia per omicidio colposo dopo un anno perché è stato complicatissimo trovare avvocati e periti" racconta Federico.
"Il PM ha indagato in prima istanza quattro medici, che poi sono diventati tre. Tra questi c'era anche il direttore del dipartimento di oncoematologia e terapia cellulare e genica all’ospedale pediatrico Bambino Gesù, denunciato per omessa vigilanza" sottolinea.
Per quanto riguarda questo medico, racconta Federico, "il PM stesso ha deciso di chiedere l'archiviazione per lui, poi confermata dal GIP, nonostante avessimo chiesto per tre volte il supplemento d'indagine. A questo punto si erano infatti generati due procedimenti penali paralleli".
Gli altri due medici che si sono occupati di Lisa sono stati assolti "perché il fatto non sussiste" sulla base di una perizia realizzata da due esperti.
"Abbiamo scoperto un conflitto d'interesse che riguarda uno dei periti e la perizia, a nostro parere, conteneva delle falsità. Prima dell'ultima udienza abbiamo presentato denuncia nei loro confronti" spiega.
"Le nostre istanze sono state recepite dalla procura del Tribunale di Roma, che li ha iscritti nel registro degli indagati per falsa perizia. Ora siamo in attesa di conoscere cosa deciderà la Procura".
Sono intanto trascorsi cinque anni da quando Lisa non c'è più, quattro da quando Margherita Eichberg e Maurizio Federico chiedono giustizia.
"E chissà quanti ne passeranno ancora" sottolinea amaro.
"Noi abbiamo cercato di mantenere vivo non solo il ricordo di questa ragazza, ma anche dare un segnale forte in merito a tutti i problemi che esistono nella sanità, nella giustizia e anche nell'informazione. Abbiamo ricevuto molti rifiuti quando abbiamo chiesto di raccontare la nostra storia".
"Le tre vite di Lisa" (editore Armando) è il libro che Margherita Eichberg e Maurizio Federico hanno scritto sulla breve, ma intensa esistenza della loro figlia.
L'infanzia "da inferno" in Ucraina, la felicità dell'adozione in Italia e la tragica malattia, che l'ha portata alla morte nonostante "l'eccellenza sanitaria italiana".
"L'abbiamo presentato in giro per l'Italia cinquanta volte, cosa che continueremo a fare" sottolinea papà Maurizio. In memoria di Elisabetta e del suo splendido sorriso.