10 Oct, 2025 - 13:08

Divieto di velo integrale, attenzione agli stratagemmi per eluderlo

Divieto di velo integrale, attenzione agli stratagemmi per eluderlo

La proposta di legge di Fratelli d’Italia per vietare il velo integrale in Italia riporta al centro del dibattito politico e sociale il tema del rapporto tra libertà religiosa e sicurezza pubblica.

Il partito di Giorgia Meloni ha depositato un disegno di legge che mira a vietare in maniera esplicita il burqa e il niqab nei luoghi pubblici, rafforzando quanto già previsto dalla normativa del 1975 sul divieto di celare il volto.

Un’iniziativa che, al di là delle possibili polemiche, poggia su un principio condivisibile: la necessità che ogni persona sia riconoscibile in spazi aperti al pubblico.

Tuttavia, affinché questa misura sia realmente efficace, sarà fondamentale che la legge tenga conto anche dei nuovi stratagemmi usati per aggirare il divieto, come l’abbinamento di mascherina e occhiali da sole al tradizionale hijab, che di fatto trasforma il velo non integrale in una copertura totale del volto.

Il principio del ddl: sicurezza e riconoscibilità

L’introduzione di una norma chiara sul divieto del velo integrale risponde a una questione di sicurezza e ordine pubblico. 

In un Paese moderno e democratico, il principio che chiunque si muove in spazi pubblici debba poter essere identificato è logico e necessario.

Si tratta di una garanzia per la collettività e non di una limitazione della libertà religiosa, poiché il diritto al culto non può mai prevalere sul diritto alla sicurezza e alla legalità.

La legge n. 152 del 1975, nata in un contesto di emergenza terrorismo, già vietava di circolare a volto coperto “senza giustificato motivo”.

Tuttavia, la realtà contemporanea ha introdotto situazioni nuove, nelle quali il “giustificato motivo” è diventato un’autorità discrezionale difficile da valutare.

Con la pandemia, ad esempio, l’uso delle mascherine ha reso normale coprirsi parte del volto, aprendo così la strada a comportamenti che oggi possono creare confusione o essere sfruttati per eludere i controlli.

Gli stratagemmi per aggirare il divieto

È proprio su questo punto che il nuovo disegno di legge dovrà essere preciso.

Diverse segnalazioni delle forze dell’ordine e testimonianze di cittadini hanno evidenziato che alcune donne musulmane, pur indossando solo il tradizionale hijab, completano la copertura del volto con mascherina e grandi occhiali scuri, in modo da non risultare riconoscibili.

Di fatto, l’effetto visivo e funzionale è identico a quello del burqa o del niqab, rendendo impossibile l’identificazione.

Questa pratica evidenzia una lacuna che rischia di vanificare l’intero obiettivo del provvedimento. Se si vuole vietare il velo integrale per ragioni di sicurezza, non si può ignorare l’esistenza di metodi che, pur non rientrando formalmente nella definizione di “burqa”, producono lo stesso risultato.

È dunque necessario che il testo del disegno di legge specifichi in maniera chiara che il divieto comprende qualsiasi copertura totale del volto, al di là del tipo di capo o della motivazione religiosa, consentendo eccezioni solo per ragioni mediche o professionali documentate.

Le possibili critiche e il ruolo della politica

Naturalmente, una tale misura rischia di essere oggetto di contestazioni da parte di chi vede in essa una limitazione della libertà individuale.

Alcune associazioni islamiche e organizzazioni per i diritti civili sostengono che vietare il velo integrale significhi colpire un simbolo di identità religiosa.

Tuttavia, in un contesto pubblico, la libertà non può tradursi nell’occultamento dell’identità, perché la trasparenza dei volti rappresenta un pilastro della convivenza democratica.

FdI intende dunque allineare l’Italia ad altri Paesi europei, come Francia, Belgio e Danimarca, dove il divieto del velo integrale è già in vigore da anni e applicato senza distinzioni di fede.

In queste nazioni, la norma è stata accompagnata da una campagna di sensibilizzazione sul tema dei diritti e della sicurezza, sottolineando che la vera libertà femminile non coincide con la sottomissione a costumi che cancellano l’identità personale.

Una legge che deve guardare al futuro

L’obiettivo di Fratelli d’Italia, se correttamente formulato, può rappresentare un passo importante verso un modello di società in cui libertà e sicurezza convivono.

Tuttavia, affinché il divieto sia concreto e non simbolico, servirà una norma completa, capace di affrontare non solo il burqa tradizionale, ma anche gli espedienti moderni per aggirare la legge.

Un divieto che non considera questi aspetti rischia di restare inefficace. Al contrario, una norma che vieti qualsiasi copertura totale del volto e che preveda controlli mirati e proporzionati può garantire l’applicazione reale del principio di riconoscibilità, tutelando sia la sicurezza pubblica sia la dignità delle donne.

Solo così la proposta di Fratelli d’Italia potrà trasformarsi in una legge giusta, moderna e coerente con i valori democratici del Paese: una legge che difende non contro una religione, ma contro ogni forma di invisibilità sociale.

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