10 Oct, 2025 - 15:00

Italia-Israele, migliaia di Pro Pal a Udine contro la "partita della vergogna": cosa dice il governo?

Italia-Israele, migliaia di Pro Pal a Udine contro la "partita della vergogna": cosa dice il governo?

Udine si prepara a vivere un martedì che non sarà soltanto una partita di calcio. Il 14 ottobre, quando l’Italia scenderà in campo contro Israele per le qualificazioni ai Mondiali, in città si muoverà anche un corteo imponente, annunciato da oltre trecento associazioni che manifesteranno per Gaza e contro quella che definiscono la “normalizzazione del genocidio”.

Un evento sportivo che si trasforma in terreno politico, simbolico e sociale. Mentre la FIGC ribadisce che “la partita si deve giocare”, e il commissario tecnico Gennaro Gattuso ammette che “non si respira una bella aria”, da Palazzo Chigi non arriva alcuna parola.

Giorgia Meloni tace, e il governo sembra lasciar scorrere la tensione sotto la linea della prudenza, mentre al Viminale si lavora febbrilmente per garantire la sicurezza e decidere se, e come, intervenire.

Una partita che divide l’Italia

Il match di Udine è diventato un nodo politico prima ancora che sportivo. Da settimane, movimenti, associazioni e realtà della società civile chiedono la sospensione o il rinvio della gara.

“Il calcio è arma del genocidio”, denunciano i promotori del corteo, convinti che ospitare la nazionale israeliana significhi legittimare le politiche di occupazione di Tel Aviv.

Il Comitato per la Palestina di Udine, insieme a reti come BDS Italia e Calcio e Rivoluzione, parla di “un evento vergognoso per chi crede nei valori dello sport”. 

La manifestazione del 14 ottobre, spiegano, “vuole ribadire al governo Meloni e alla FIGC da che parte sta il popolo italiano: da quella della libertà e della giustizia”.

Le cifre danno la misura del clima: poco più di 5000 biglietti venduti, contro le decine di migliaia di persone attese in piazza. Persino il sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni, ha espresso dubbi sull’opportunità della partita, parlando di un “evento drammatico e paradossale”.

Il governo, intanto, mantiene la linea della distanza istituzionale. Il ministro dello Sport Andrea Abodi ha spiegato che la decisione spetta a FIFA e UEFA, mentre Gabriele Gravina, presidente della FIGC, ha ribadito che “lo sport non può farsi travolgere dalla politica”.

Ma la tensione è ormai fuori dagli stadi: i gruppi del Rivolta e del laboratorio Pandora hanno occupato la sede regionale della FIGC a Marghera per protestare contro “la complicità del calcio italiano”.

Il silenzio di Giorgia Meloni

In questo scenario, il silenzio della presidente del Consiglio è diventato esso stesso notizia. Mentre ministri, sindaci e federazioni si esprimono, Giorgia Meloni non ha ancora pronunciato una parola sulla vicenda.

Nessuna dichiarazione, nessun commento ufficiale, nessuna nota politica. Un silenzio che molti leggono come strategico, per evitare di esporsi su un terreno estremamente sensibile: quello del rapporto con Israele, alleato storico del governo, e di una piazza italiana sempre più critica verso la guerra a Gaza.

L’assenza di parole, però, rischia di pesare. L’opposizione, soprattutto da parte di Alleanza Verdi e Sinistra, parla di “ignavia politica” e di “complicità istituzionale”.

L'esponente di Avs Marco Grimaldi accusa l’esecutivo di aver “appaltato la sicurezza a un servizio segreto estero”, mentre la consigliera regionale Serena Pellegrino chiede chiarimenti sul presunto coinvolgimento del Mossad.

La premier, al momento, sceglie la via del riserbo, lasciando che sia il Viminale a gestire una situazione che, di ora in ora, diventa più delicata.

Il Viminale sotto pressione

A pochi giorni dal fischio d’inizio, il Ministero dell’Interno si trova al centro della scena. L’obiettivo è evitare che Udine diventi una polveriera.

La città sarà blindata, con un dispositivo di sicurezza che coinvolgerà polizia, carabinieri e reparti mobili arrivati da tutto il Nord Italia. Le stime parlano di diecimila manifestanti: una mobilitazione tra le più imponenti mai viste in Friuli.

Fonti interne al Viminale parlano di “monitoraggio costante della situazione” e di “massima attenzione” per eventuali infiltrazioni.

I prossimi giorni saranno decisivi per capire se il governo sceglierà di mantenere la linea della normalità — lasciando che la partita si giochi e la piazza sfoghi la sua rabbia — o se interverrà con misure più drastiche.

In ogni caso, la partita di Udine non è più solo una gara di qualificazione: è diventata un banco di prova per la tenuta politica, sociale e istituzionale del Paese.

E nel silenzio di Giorgia Meloni, il Viminale studia ogni mossa, consapevole che ciò che accadrà il 14 ottobre potrebbe segnare non solo una giornata di calcio, ma anche un momento chiave per la gestione dell’ordine pubblico e per l’immagine stessa dell’Italia nel mondo.

LEGGI ANCHE