Il Premio Nobel per la Pace 2025 è stato assegnato a Maria Corina Machado, leader dell’opposizione venezuelana. Nonostante la delusione, il rapporto con Machado potrebbe offrire a Donald Trump una nuova opportunità strategica in Venezuela.
Il Premio Nobel per la Pace del 2025 è stato assegnato alla leader dell’opposizione venezuelana, Maria Corina Machado. La notizia ha lasciato l’amaro in bocca al presidente americano Donald Trump.
Non è un segreto che Trump sogni da tempo di ottenere il prestigioso riconoscimento, considerandolo come la consacrazione del suo ruolo di negoziatore globale. Soprattutto dopo il recente accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas, molti si erano chiesti se questo successo diplomatico sarebbe bastato a garantirgli la candidatura al Nobel.
Il leader statunitense, che ama presentarsi sulla scena mondiale come “l’uomo della pace”, sottolinea i suoi numerosi successi diplomatici affermando di aver posto fine a diversi conflitti in varie regioni del mondo. Tuttavia, dietro la sua immagine di pacificatore, restano molti dubbi: le sue azioni hanno davvero risolto questioni decennali, o si sono limitate a congelare le tensioni esistenti?
La domanda resta aperta, e con questa anche la percezione ambivalente del suo operato internazionale.
Il Premio Nobel per la Pace è andato alla politica venezuelana per aver promosso i diritti democratici nel suo Paese e “per la sua lotta volta a garantire una transizione giusta e pacifica dalla dittatura alla democrazia.”
Le elezioni presidenziali del 2024 in Venezuela avevano visto la vittoria di Nicolas Maduro, mentre il candidato dell’opposizione unita, Edmundo Gonzalez Urrutia, aveva raccolto l’eredità politica di Machado, esclusa dalle elezioni dal regime.
Dopo il voto, la leader dell’opposizione ha contestato duramente i risultati denunciando brogli e guidando le proteste popolari. A seguito delle tensioni, Machado è stata costretta a nascondersi in Venezuela, diventando un simbolo della resistenza democratica.
Sebbene Trump non abbia ottenuto il suo tanto desiderato riconoscimento, ha comunque ricevuto una sorta di premio di consolazione.
Dopo l’annuncio del Comitato norvegese, Machado ha infatti espresso parole di riconoscenza verso Trump. La leader venezuelana si è dichiarata così alleata del presidente americano:
La politica venezuelana ha poi dedicato il premio non solo al popolo venezuelano, ma anche a Donald Trump, gesto che ha suscitato grande attenzione internazionale.
This recognition of the struggle of all Venezuelans is a boost to conclude our task: to conquer Freedom.
— María Corina Machado (@MariaCorinaYA) October 10, 2025
We are on the threshold of victory and today, more than ever, we count on President Trump, the people of the United States, the peoples of Latin America, and the democratic…
Nonostante la delusione per l’esito del Nobel, il presidente americano ha accolto positivamente le parole di Machado. Trump e la leader venezuelana avrebbero anche avuto una conversazione telefonica subito dopo l’annuncio del premio.
L’amministrazione Trump ha da tempo assunto una posizione di dura opposizione nei confronti di Maduro. Già durante il suo primo mandato, Washington aveva accusato il presidente venezuelano e altri alti funzionari del Paese di traffico di droga e corruzione. Con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, gli Stati Uniti hanno raddoppiato la ricompensa per la cattura di Maduro portandola a 50 milioni di dollari.
A questo quadro già complesso si aggiungono le recenti tensioni nei Caraibi. Nell’agosto 2025, Trump ha autorizzato l’invio di navi da guerra al largo delle coste venezuelane. Le forze statunitensi hanno compiuto diversi attacchi contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico. Caracas ha respinto con fermezza le accuse, definendole provocazioni ma il clima nella regione resta incandescente.
Parallelamente, crescono le speculazioni secondo cui queste manovre militari potrebbero essere finalizzate a indebolire o persino rovesciare il regime di Maduro.
In questo contesto, l’inaspettato legame politico tra Trump e Machado assume un significato strategico: un rapporto che potrebbe ridisegnare gli equilibri di potere in America Latina.