13 Oct, 2025 - 13:36

Tregua a Gaza, Netanyahu in balia delle critiche: ora deve invertire la narrazione per salvare la poltrona

Tregua a Gaza, Netanyahu in balia delle critiche: ora deve invertire la narrazione per salvare la poltrona

Dopo due anni di guerra sanguinosa, Israele e Hamas hanno finalmente raggiunto un accordo per una tregua a Gaza. Mentre la comunità internazionale esalta il successo diplomatico di Washington, a Tel Aviv cresce la pressione su Benjamin Netanyahu. Il premier israeliano è ora chiamato a riconquistare la fiducia cercando di trasformare una tregua fragile in un’opportunità politica per la propria sopravvivenza.

La tregua e lo scambio di ostaggi: un fragile equilibrio

Dopo due anni di guerra, Israele e Hamas hanno trovato un'intesa per un cessate il fuoco. Il 9 ottobre 2025, il presidente americano Donald Trump ha annunciato che Hamas e Israele hanno concordato la prima fase della tregua a Gaza. L’accordo è entrato in vigore a mezzogiorno del giorno successivo.

I palestinesi sfollati nella Striscia di Gaza stanno tornando man mano alle loro case, per lo più ridotte in macerie. Parallelamente, il 13 ottobre, le parti hanno avviato anche lo scambio di ostaggi. Tutti i 20 israeliani nelle mani di Hamas sono stati liberati. Per la prima volta in due anni, le famiglie degli ostaggi hanno potuto tirare un respiro di sollievo. La tregua porterà anche la consegna dei corpi di alcuni ostaggi deceduti e il rilascio di circa 1.900 detenuti palestinesi in Israele.

Il presidente statunitense, che ha proposto un piano di pace articolato in 20 punti, ha incassato un successo diplomatico. Sebbene il piano di Trump abbia sollevato diverse domande per il suo contenuto ritenuto vago, è stato ampiamente elogiato per aver contribuito a raggiungere la tregua.

Le piazze e la diplomazia: Trump acclamato, Netanyahu fischiato

La folla riunita nella Piazza degli Ostaggi a Tel Aviv l'11 ottobre ha applaudito il nome di Donald Trump durante un discorso dell'inviato del presidente in Medio Oriente, Steve Witkoff. L’intervento di Witkoff è stato invece interrotto dai fischi quando è stato nominato il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu.

“Un uomo che è un vero e proprio umanitario, con uno spirito indomito che ha dimostrato ancora una volta che una leadership coraggiosa e una chiarezza morale possono rimodellare la storia e cambiare il mondo”: così Witkoff ha definito Trump, accompagnato dalla figlia del presidente, Ivanka, e dal genero Jared Kushner.

Il leader americano è stato accolto il 13 ottobre al parlamento israeliano, la Knesset. Non è sfuggito l’entusiasmo e la standing ovation per Trump, mentre Netanyahu non ha riscosso lo stesso calore da parte dei presenti.

Netanyahu tra crisi politica e strategia di sopravvivenza

Le critiche nei confronti del premier israeliano sono aumentate nel corso di due anni, soprattutto per gli obiettivi dichiarati. Netanyahu ha più volte invocato come scopo la sconfitta di Hamas ma con il proseguire del conflitto i critici hanno iniziato a chiedersi se la priorità fosse liberare gli ostaggi o ottenere una vittoria militare contro il gruppo palestinese.

Da ricordare che il cessate il fuoco avviato nel mese di gennaio era fallito dopo la fine della prima fase, durata 60 giorni, a causa della mancata intesa tra le parti. Successivamente, Tel Aviv ha lanciato due nuove operazioni militari nella Striscia di Gaza.

Le critiche sono aumentate con il protrarsi della guerra nell’enclave palestinese, in assenza del ritorno di altri ostaggi.

Il 12 ottobre, in un discorso registrato, Netanyahu ha invocato l’unità nazionale definendo “storico” il ritorno degli ostaggi. Ha fatto appello alla coesione del paese e alla resilienza di Israele di fronte alle sfide della sicurezza cercando di creare un momento di solidarietà nazionale e mettere temporaneamente da parte le divisioni politiche.

Per il premier israeliano, tuttavia, la campagna militare non è finita e il paese deve essere pronto ad affrontare nuove minacce. Questa doppia narrazione sembra volta a rafforzare sia la legittimità politica e morale del suo governo, sia a preparare l’opinione pubblica alla prosecuzione di futuri sforzi militari.

Netanyahu ora cerca di bilanciare speranza e pragmatismo, una strategia finalizzata anche a mantenere la propria leadership, soprattutto in vista delle elezioni previste nel 2026.

LEGGI ANCHE