Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko punta il dito contro Volodymyr Zelensky, accusandolo di rallentare i negoziati di pace in Ucraina. Tra tensioni crescenti, il nodo dei missili Tomahawk e il ruolo di Washington come mediatore rendono la situazione ancora più complessa, mentre Mosca lancia avvertimenti su possibili escalation.
Il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, fa parlare di sé con il suo recente intervento riguardo alla guerra in Ucraina e agli sforzi di pace.
Durante un’intervista concessa al giornalista Pavel Zarubin il 12 ottobre 2025, Lukashenko ha consigliato al suo omologo ucraino, Volodymyr Zelensky, di sedersi al tavolo dei negoziati per giungere a una risoluzione pacifica del conflitto.
Le parole del leader bielorusso hanno avuto grande risonanza considerando che Minsk è uno degli alleati più stretti di Mosca.
Secondo Lukashenko, la responsabilità del mancato accordo ricade direttamente su Zelensky. Ha quindi affermato che “si dovrebbe esercitare una forte pressione sul leader ucraino affinché prenda decisioni appropriate”.
Con l’inizio del secondo mandato di Donald Trump, gli Stati Uniti si confermano come principali mediatori tra Mosca e Kiev.
Sebbene Trump avesse promesso di poter porre fine alla guerra in Ucraina in tempi record, “in 24 ore”, a distanza di mesi gli sforzi diplomatici sembrano essersi arenati in un vicolo cieco.
Nel frattempo, gli stati europei mantengono un ruolo più marginale. Continuano a sostenere Kiev e la cosiddetta “coalizione dei volenterosi”, guidata da Regno Unito, Francia e Germania, propone garanzie di sicurezza e, in prospettiva, l’invio di truppe occidentali per operazioni di peacekeeping nel dopoguerra.
Lukashenko, tuttavia, ritiene che il rallentamento dei negoziati non sia imputabile né a Washington, né a Mosca, né all’Unione Europea ma esclusivamente al presidente ucraino. A suo avviso, Zelensky avrebbe la possibilità di accelerare i colloqui di pace.
Il presidente bielorusso ha poi lanciato un monito:
Lukashenko ha anche commentato la recente richiesta di Kiev di ricevere missili a lungo raggio Tomahawk dagli Stati Uniti.
“Il nostro amico Donald (Trump) ha una certa tattica per affrontare le questioni più urgenti. A volte fa pressione sulle autorità e sulle persone competenti, a volte agisce in modo più duro, e poi allenta un po’ la presa e fa un passo indietro”, ha dichiarato Lukashenko.
Zelensky ha sollevato la richiesta a fine settembre indicando che questi missili potrebbero rappresentare uno strumento efficace per costringere Vladimir Putin a sedere al tavolo dei negoziati. Una posizione diametralmente opposta a quella espressa dal leader bielorusso.
Kiev attende ancora la decisione del presidente americano, che non ha respinto la proposta ma ha sottolineato di volerla valutare con cautela per evitare un aggravamento della crisi.
Il presidente russo ha avvertito che un eventuale via libera all’invio dei Tomahawk a Kiev potrebbe “distruggere la tendenza positiva” nei rapporti tra Russia e Stati Uniti. Mosca ha anche avvertito del rischio di una nuova escalation militare.
Nel frattempo, Zelensky continua a insistere sulla fornitura dei missili. Trump e il leader ucraino hanno avuto due chiamate consecutive, l’11 e il 12 ottobre, durante le quali hanno discusso anche della questione dei Tomahawk.
Zelensky si recherà il 17 ottobre a Washington per un incontro faccia a faccia con il presidente americano con l’obiettivo di sbloccare la trattativa.