Donald Trump sposta il baricentro della diplomazia mondiale sull’Ucraina. Al centro delle discussioni, un’arma tanto potente quanto simbolica: i missili Tomahawk. Kiev li considera una chiave per portare Mosca ai negoziati, mentre Putin avverte che un loro invio segnerebbe la fine di ogni dialogo.
Dietro la facciata della diplomazia, la Casa Bianca usa i Tomahawk come strumento di pressione e segnale di forza, trasformandoli nell’asse di equilibrio tra guerra e pace, tra deterrenza e diplomazia.
Il bluff dei missili Tomahawk rappresenta un elemento chiave della recente strategia americana nella guerra in Ucraina. Sebbene il presidente Zelensky abbia più volte chiesto questi missili a lungo raggio come possibile strumento per colpire obiettivi strategici all’interno della Russia, la realtà appare più complessa.
Putin, parlando con Trump, ha affermato che i Tomahawk non modificheranno l’esito sul campo di battaglia ma danneggeranno le relazioni bilaterali e il processo di pace.
Con una gittata superiore ai 2.500 chilometri, questi missili potrebbero cambiare l’equilibrio delle forze, dando a Kiev la capacità di attaccare in profondità il territorio russo ma anche scatenando ulteriori tensioni. Mosca usa questa minaccia per riaprire il dialogo mostrando cautela ma senza abbassare la guardia. Così la vera pace resta nelle mani di Putin.
I missili a lungo raggio Tomahawk sono ora al centro dello scenario diplomatico internazionale.
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, a fine settembre, a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha chiesto a Donald Trump la fornitura di questi missili da crociera.
Secondo Zelensky, la consegna dei Tomahawk potrebbe rappresentare uno strumento fondamentale per costringere il leader russo, Vladimir Putin, a sedersi al tavolo dei negoziati, insieme ad altre misure, come il rafforzamento delle sanzioni europee contro la Russia.
Mosca, tuttavia, ha già tracciato la sua “linea rossa” in merito ad un eventuale via libera di Washington.
L’ipotesi dell’invio dei missili Tomahawk all’Ucraina appare ora come una leva strategica nelle mani di Trump. L’amministrazione statunitense, sotto la sua guida, si conferma infatti il principale mediatore tra Kiev e Mosca. Tuttavia, nonostante gli sforzi diplomatici intensi messi in campo negli ultimi mesi, non sono ancora stati registrati progressi decisivi in grado di porre fine al conflitto.
A partire da fine gennaio, la comunità internazionale ha assistito ad una lenta e progressiva ripresa dei contatti tra le parti. Nel mese di maggio, funzionari russi e ucraini hanno tenuto i primi colloqui diretti, un evento che non si verificava dalle prime settimane del conflitto, e sono stati annunciati diversi scambi di prigionieri. Tuttavia, ogni tentativo di cessate il fuoco è rimasto fragile, offuscato da accuse reciproche di violazioni.
Il presidente americano e la sua squadra hanno moltiplicato incontri e summit.
Sebbene Trump e Zelensky abbiano mantenuto un rapporto altalenante negli ultimi mesi, i due leader hanno avuto numerosi contatti. Parallelamente, Washington e Mosca hanno stabilito una linea diretta di comunicazione. Il 15 agosto, il vertice tra Trump e Putin in Alaska ha segnato un momento chiave di questa fase diplomatica.
Dopo l’annuncio del cessate il fuoco a Gaza, Trump ha dichiarato di voler concentrare ora gli sforzi sulla pace in Ucraina.
In questo contesto, i Tomahawk assumono un ruolo duplice: un potente strumento di pressione, che il presidente americano può usare sia per contenere Mosca, sia per mostrare una posizione di forza nei confronti di Kiev, puntando ad un equilibrio delicato tra minaccia militare e diplomazia.
La telefonata tra Trump e Putin del 16 ottobre 2025 ha gettato le basi per un futuro incontro tra i due leader a Budapest. Secondo quanto riportato dai media locali, il consigliere per la politica estera del Cremlino, Yuri Ushakov, ha dichiarato che Putin avrebbe avvertito Trump: i Tomahawk non cambieranno la situazione sul campo di battaglia ma danneggeranno le relazioni tra Stati Uniti e Russia compromettendo il processo di pace.
Successivamente, Trump ha ribadito la sua posizione prudente, ricordando che gli Stati Uniti dispongono di scorte limitate di missili Tomahawk, necessari anche per la propria difesa nazionale, suggerendo quindi un impiego estremamente selettivo e strategico di quest’arma.
Per Zelensky, questo è stato uno sviluppo inatteso, dato che il 17 ottobre 2025 era già calendarizzato un incontro con Trump alla Casa Bianca, nel quale la possibile fornitura dei Tomahawk sarà il tema centrale.
In questo scenario, i Tomahawk appaiono non soltanto come uno strumento militare, ma come un simbolo della guerra diplomatica, una leva usata per mantenere un fragile equilibrio tra potenza, pressione e negoziazione.