Mentre il mondo guarda ancora alla lunga crisi in Ucraina, lontano dall’attenzione mainstream si sta profilando un nuovo possibile teatro di guerra, con il Venezuela al centro di un gioco geopolitico pericoloso. Le manovre di Washington e la reazione di Caracas testimoniano come il mondo sembri sull’orlo di un nuovo conflitto nel complesso scacchiere globale.
Il presidente americano, Donald Trump, ha ufficialmente autorizzato la CIA a condurre operazioni segrete in Venezuela. Questa mossa segna un’escalation significativa nella strategia di Washington di pressione contro il regime di Nicolas Maduro.
La decisione di Trump arriva in un contesto già altamente teso. Alla fine del mese di agosto, il presidente statunitense ha dispiegato navi da guerra al largo delle coste del Paese sudamericano. Gli attacchi statunitensi nel Mar dei Caraibi, condotti contro imbarcazioni sospettate di traffico di droga, hanno già provocato decine di vittime.
Il 17 ottobre, gli Stati Uniti hanno lanciato un sesto attacco mortale contro una presunta nave di trasporto di droga.
Anche se Trump giustifica queste azioni citando il Venezuela come una minaccia alla sicurezza nazionale americana, non si esclude che, dietro la retorica della lotta al narcotraffico, si nasconda una strategia di destabilizzazione politica e di cambio di regime. Il via libera alle operazioni della CIA alimenta ulteriormente questi sospetti.
Questa politica aggressiva di Washington si inserisce in un quadro più ampio di tensioni geopolitiche e di rivalità con Russia e Cina, alleati storici del Venezuela, aumentando così i rischi di una destabilizzazione regionale dagli esiti imprevedibili.
Il presidente Trump ha già dichiarato che gli Usa sono formalmente in un “conflitto armato non internazionale”, una dichiarazione che mette in luce il livello di tensione e il rischio concreto di un’escalation militare nella regione.
Con questa formulazione, Trump sottolinea che gli Stati Uniti sono impegnati in azioni di militari senza però dichiarare formalmente una guerra aperta. Si tratta di un inquadramento legale che giustifica operazioni segrete e azioni militari limitate, come quelle affidate alla CIA.
Questa definizione, oltre a fornire una base giuridica flessibile, permette a Washington di evitare le restrizioni derivanti da un conflitto internazionale formale, ampliando così la libertà d’azione militare e politica. Tuttavia, proprio questa ambiguità aumenta i rischi di una progressiva escalation.
Appena entrato in vigore l’accordo sul cessate il fuoco a Gaza, l’attenzione mondiale si è spostata di nuovo sulla guerra in Ucraina, ormai al quarto anno di combattimenti. Tuttavia, lontano dagli occhi dei media, si apre un nuovo fronte di crisi, quello tra Stati Uniti e Venezuela.
Dopo anni di sanzioni e accuse contro il governo di Maduro, Washington sembra oggi pronta a una vera e propria "guerra ibrida": attacchi navali nel Mar dei Caraibi e la prospettiva di estendere le operazioni anche via terra.
L’emittente ABC ha riportato che, il 16 ottobre 2025, tre bombardieri strategici B-52 sono decollati da una base militare in Louisiana, sorvolando per diverse ore le acque prossime alla costa venezuelana.
L’operazione è stata interpretata come una chiara dimostrazione di forza da parte dell’amministrazione Trump, in un momento di crescente tensione nell’area.
I B-52, noti per la loro capacità di effettuare missioni a lungo raggio, sono velivoli impiegati in numerosi teatri di guerra, tra cui Iraq e Siria, simbolo del potere di proiezione militare statunitense.
Il governo venezuelano, dal canto suo, ha reagito denunciando i piani di destabilizzazione. In risposta, Caracas ha avviato manovre militari e rafforzato il proprio coordinamento difensivo interno.
“No ai colpi di Stato compiuti dalla CIA. L’America Latina non li vuole”, ha dichiarato Maduro, in un discorso televisivo rivolto alla nazione.
Tutto ciò rafforza i timori che la campagna di tensione di Trump possa accelerare verso una nuova escalation militare in America Latina.