17 Oct, 2025 - 17:08

Il Teatro dell'assurdo: La Fenice sciopera contro Beatrice Venezi per sgarbo ideologico

Il Teatro dell'assurdo: La Fenice sciopera contro Beatrice Venezi per sgarbo ideologico

La cancellazione della prima di “Wozzeck” alla Fenice non è solo uno sciopero: è la farsa perfetta del politicamente corretto vestito da sindacalismo civico, una pantomima che ormai fa ridere persino chi vive di indignazione permanente.

Beatrice Venezi, colpevole di essere non allineata al mainstream di sinistra, è il bersaglio di una campagna di delegittimazione che ha il sapore grottesco della caccia alle streghe digitalizzata: si protesta, si sciopera, si cancellano spettacoli perché “la nomina non è trasparente” e “manca il confronto interno”.

Certo, come no: la trasparenza serve solo quando conveniene ai soliti noti. E il confronto? Solo fra chi la pensa uguale, ovviamente.

La protesta “per l’arte”, ma guai se sei di destra

La narrazione che nasce attorno a questa protesta è l’ennesima rappresentazione tragicomica di un’Italia che rivendica pluralismo, ma lo pratica solo se il direttore d’orchestra non osa indossare un paio di lustrini “sovranisti”.

I lavoratori del teatro si sono affrettati a specificare che quella di oggi non è “una protesta contro il teatro, ma per il teatro”. Emozionante, davvero. Cosa significa? Che chi non accetta la dittatura monocolore della cultura progressista deve restare a casa, muto, magari pagare il biglietto ma solo se la direzione artistica è conforme alla narrazione dominante.

Il nuovo “reato d’opinione”

Beatrice Venezi viene colpita da uno sciopero di rappresentanza sindacale che giura di voler “dialogare con la città” e cerca il consenso degli spettatori, chiamati “vero motore del teatro” finché servono a incassare.

Poi, però, qualcuno osa esprimere dissenso, decide (orrore!) di non rinnovare l’abbonamento. E subito parte l’appello accorato: “Non voltate le spalle alla Fenice!” Che teneri. Gli abbonati vanno benissimo, purché non critichino la protesta, né pensino che boicottare una professionista per pura antipatia politica sia il contrario di quell’apertura culturale di cui ci si riempie la bocca a ogni pié sospinto.

Trasparenza selettiva e solidarietà “a comando”

La narrazione sindacale, fatta di appelli moralistici e melodrammi da palcoscenico, si è arricchita in questi giorni di nuovi personaggi: spettatori in lotta, lavoratori paladini dell'arte, direttori improvvisamente “sgraditi”.

Il problema non è il merito di Venezi, né il suo curriculum: è la sua identità pubblica e politica. Se fosse emersa dal circuito protetto delle “quote rosa” progressiste, ci sarebbe stato il tappeto rosso. Ma qui il colore politico non va bene, quindi giù con la mobilitazione. Quanta coerenza!

Francesca Poropat: “La politica non c’entra, contestiamo solo il metodo”

Francesca Poropat, artista del coro de La Fenice e rappresentante sindacale della Cgil, ha ovviamente ribadito che la contestazione riguarda esclusivamente le modalità della nomina di Beatrice Venezi, giudicate troppo improvvisate, senza la prassi di collaborazione pre-nomina che tradizionalmente coinvolge le masse artistiche del teatro.

Ha sottolineato come non vi sia alcun pregiudizio politico o personale nei confronti di Venezi, insistendo sulla centralità del rispetto reciproco e della professionalità nella scelta di figure artistiche, punto su cui il nuovo direttore non sarebbe stato testato prima di essere nominato, contrariamente alla prassi.

Poropat ha evidenziato anche il disagio che lo sciopero comporta per gli artisti assunti a partita IVA, che perdono compensi per la serata, sottolineando come la protesta sia nata per salvaguardare il massimo livello artistico del teatro e non contro il pubblico.

Ha infine auspicato il coinvolgimento di altre realtà culturali italiane e l’apertura a un dialogo costruttivo con la direzione per evitare ulteriori scioperi, ribadendo che la politica è del tutto estranea al dissenso espresso.

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