Ma Sigfrido Ranucci ci è o ci fa? È davvero un giornalista d'inchiesta o solo un giornalista militante?
Il dibattito è più che mai acceso. Dopo l'attentato subito, le manifestazioni di solidarietà e la grande popolarità, il giornalista è subito diventato la nuova madonna pellegrina della sinistra, tant'è che ha partecipato finanche a un'iniziativa elettorale dei magistrati che si battono contro la riforma della giustizia del ministro Nordio.
Ma un giornalista, soprattutto d'inchiesta, non dovrebbe essere una sorta di monaco? Non dovrebbe apparire oltre che essere neutrale? Non dovrebbe tenersi lontano dalla contesa politica?
Per questo, i critici hanno buon gioco quando lo accusano di giornalismo militante, schierato e parziale.
Gli altri che, invece, ne difendono la capacità di portare alla luce fatti scomodi con rigore e indipendenza anche a costo di subire attacchi personali e minacce, come dimostra l’attentato nei pressi della sua abitazione, a volte sono in difficoltà.
La natura di Report come giornalismo d’inchiesta è stata messa in discussione da figure politiche e avversari.
Alcuni lo definiscono “giornalismo militante”, sostenendo che le inchieste del programma abbiano un orientamento politico e provochino danni anche economici alla Rai.
Ranucci, dal canto suo, difende il proprio lavoro come un vero giornalismo investigativo, fatto di ricerche approfondite, testimonianze dirette e documentazioni rigorose.
Inoltre, in più occasioni, il giornalista ha rivelato pressioni interne alla Rai per cambiare titoli o contenuti, come nel caso dell’uso della parola “genocidio” in una puntata dedicata al Medioriente, testimonianza della difficoltà di fare informazione libera in un contesto altamente politicizzato.
Ma tant'è: l'ultima bordata a carico del giornalista è arrivata dal parlamentare di Fratelli d'Italia presidente della Commissione Cultura alla Camera, Federico Mollicone:
In ogni caso: l'ultima puntata di Report è stata seguita da un milione e 669 mila spettatori per uno share del 9,3%. Il pubblico e molti addetti ai lavori continuano a vedere in Report un esempio di giornalismo coraggioso, che mette a rischio la propria incolumità per denunciare verità scomode.
La solidarietà bipartisan ricevuta dopo l’attentato, del resto, è stata significativa. E l'ultima tesi sostemuta da Ranucci secondo la quale c'è stata una ingerenza di Fratelli d'Italia sulla multa comminata dal Garante della Privacy a Report per la pubblicazione dell'audio della telefonata tra l'ex ministro Gennaro Sangiuliano e la moglie non ha fatto altro che alzare ancora di più il livello della polarizzazione.
E comunque: in vista del referendum costituzionale che dovrà dire una parola definitiva sulla riforma della giustizia, un altro tema caldo riguarda la partecipazione di Sigfrido Ranucci a eventi organizzati dai magistrati.
In un'assemblea dell’Associazione Nazionale Magistrati, ha avuto la possibilità di espremere posizioni molto critiche sulla riforma della giustizia proposta dal governo.
In particolare, Ranucci si è scagliato contro la separazione delle carriere e la frammentazione interna delle toghe.
E quindi: da un lato, c’è chi ritiene che un giornalista debba mantenere una distanza critica da istituzioni e correnti politiche per preservare l’imparzialità.
Dall’altro, Ranucci sostiene che la sua presenza sia parte del ruolo di giornalista impegnato nel raccontare e difendere la giustizia e l’informazione libera, soprattutto in un periodo storico segnato da forti tensioni politiche e sociali.
Al che, solo una cosa sembra certa: la standing ovation ricevuta dai magistrati presenti, nonostante le numerose querele che lo riguardano, indica un legame di fiducia tra Ranucci e la magistratura, almeno quella critica nei confronto della riforma: questo è poco ma sicuro.
Divisivo, quindi: resta questo l'aggettivo più giusto per indicare il lavoro di Sigfrido Ranucci.
Il suo è un giornalismo d’inchiesta che sfida poteri e interessi, oppure un giornalismo militante schierato?
Resta comunque indubbia la sua capacità di catalizzare l’attenzione pubblica su temi delicati, assumendosi rischi personali e professionali notevoli, in un contesto mediatico e politico sempre più complesso e polarizzato.
Del resto, quando gli sono state riportate le critiche del presidente della Commissione Cultura, ha risposto così: